Didattica / Partiture / Storia dell'arpa

Benjamin Britten, Osian Ellis e la Suite op.83 per arpa

 

Benjamin Britten, Osian Ellis e la Suite op.83 per arpa sola

di Alba Brundo

Nato in una cittadina della costa orientale inglese, Benjamin Britten (1913-1976) conobbe fama come compositore subito dopo la guerra con l’opera Peter Grimes del 1945. Il successo di questo giovane autore fu insolito e inaspettato: nel panorama della musica europea, infatti, l’Inghilterra da lungo tempo non aveva prodotto compositori di rilievo ed era rimasta appartata, importando e consumando musica staniera, più che producendo ed esportando compositori e musiche. Soprattutto nell’Ottocento, durante il lungo regno della regina Vittoria, l’alta società britannica aveva preferito consumare musica d’importazione, lasciando ai compositori locali solo la produzione di musiche occasionali, celebrative e da chiesa. La figura del compositore ‘puro’, che viveva della propria arte, risultò inconcepibile per la ricca e pragmatica società inglese fino alla comparsa dei primi compositori come Edward Elgar (1857-1934) e Frederick Delius (1862-1934) che, all’inizio del Novecento, cominciarono a pubblicare e a far eseguire i propri lavori sinfonici, cameristici e operistici nei festival e nei concorsi che si erano diffusi in ogni provincia, a seguito della riforma dell’istruzione pubblica del 1870 che, finalmente, introdusse lo studio della musica nelle scuole britanniche.

Contemporaneamente cominciarono a diffondersi in Gran Bretagna anche le avanguardie francesi e tedesche, il Neoclassicismo, il jazz e i nuovi compositori locali poterono ampliare i propri orizzonti musicali e cominciare a dare vita a uno stile nazionale che fu caratterizzato da un ecclettismo ispirato a differenti modelli culturali d’importazione e dal recupero di forme e tradizioni musicali antiche o folkloristiche. 1

1Andrea Lanza, Il Novecento II in Storia della Musica, vol. 10 parte seconda, Torino, EDT, 1980, pp. 101-109.

 

In questo panorama, Benjamin Britten rappresentò l’esponente di maggiore statura della nuova cultura musicale inglese, per la sua capacità di trarre ispirazione da molteplici spunti per elaborare un linguaggio proprio e sempre nuovo. Riconosciuto da tutta la critica nazionale e internazionale come una delle grandi figure artistiche del Novecento, egli si mostrava sorpreso di tanto interesse nei suoi confronti. «I want my music to be of use to people, to please them, to “enhance their lives”. I do not write for posterity»1 disse Britten, in un suo celebre discorso pubblico, sintetizzando così la sua fede artistica: comporre per il piacere delle persone e non per essere acclamato dai critici o per passare alla storia. Il suo atteggiamento umile e utilitaristico nei confronti del suo lavoro di artista, interessato solo a essere capito e acclamato dal pubblico, fu in completa controtendenza rispetto all’atteggiamento snobbistico e elitario delle avanguardie europee. Il grande desiderio di musica dell’Inghilterra post-bellica e l’aspirazione ad avere una scuola nazionale di compositori in cui riconoscere la propria cultura e le proprie tradizioni musicali, gli assicurarono invece un posto di rilievo nella cultura inglese, e sia il pubblico che la critica lo riconobbero – quando era ancora in vita – come il primo compositore ‘naturale’ nato in Inghilterra dai tempi di Purcell, nonchè come il più grande autore del Novecento inglese.

Oltre che compositore attivo in vari campi (teatri, concerti, cinema, radio, televisione), Britten fu anche esecutore, direttore, organizzatore, imprenditore e mecenate. Attraverso le sue numerose attività nel settore musicale, mirò sempre a raggiungere un pubblico ampio. Il suo atteggiamento umile, il suo modo ‘artigianale’ di intendere la professione del musicista, sempre duttile e aperto a tutti i generi musicali e a tutte le committenze – ma anche attento all’aspetto

1«Voglio che la mia musica sia utile alle persone, per farle felici, per “migliorare le loro vite”. Non scrivo per i posteri». Benjamin Britten, On Receiving the First Aspen Award. A speech given by Benjamin Britten on July 31, 1964 (http://www.aspenmusicfestival.com/benjamin-britten).

economico del suo lavoro – fecero di lui un musicista amato e rispettato, considerato una vera gloria nazionale.

La sua cultura musicale fu vasta, ma la sua scelta estetica fu quella della semplicità, della chiarezza delle forme, dell’immediatezza del linguaggio musicale. Per ottenere ciò, egli scelse il ritorno alla tonalità e sviluppò una grande capacità di utilizzare e modellare in maniera creativa stili e forme del passato.1 Ha scritto di lui lo storico Andrea Lanza: «La simpatia per Purcell, l’uso ricorrente di forme e moduli della tradizione (la variazione, la fuga, la passacaglia) non si esauriscono in lui in una dimensione neoclassica, in una poetica di repêchages, ma sono subordinati a un acuto senso della comunicazione in musica, a un artigianato abilissimo nello sfruttare ogni spunto (dal barocco a Berg, a Verdi) che il linguaggio musicale gli offre per fini immediati».2

La sua grande abilità tecnica nell’uso dei diversi stili, unita alla sua cultura musicale e alla sua versatilità, gli consentirono di trovarsi a suo agio nella composizione di vari generi musicali. Il contatto con numerosi musicisti e interpreti, conosciuti anche nel corso della sua attività di organizzatore musicale, lo spinse ad approfondire la conoscenza dei diversi strumenti, componendo per essi e organizzando pubblici concerti, come quelli di Aldeburgh, nell’ambito del Festival da lui fondato nel 1948. «Music does not exist in a vacuum, it does not exist until it is performed, and performance imposes conditions»,3 amava dire Britten, e per questo motivo si circondò sempre di numerosi strumentisti con cui entrò in amicizia sincera e che ispirarono molte sue composizioni. Lavorò spesso con orchestre e cori non professionali e con orchestre e cori di ragazzi per

1 L’argomento è ampiamente trattato in Christopher Chowrimmtoo, Britten Minor: Constructing the Modernist Canon in Twentieth-Century Music, Cambridge, Cambridge University Press, 2016, pp.1-30.

2Lanza, Il Novecento II cit., p. 109.

3«La musica non esiste nel vuoto, non esiste fino a quando non viene eseguita, e la performance impone le condizioni». Britten, On Receiving the First Aspen Award cit.

quali scrisse molta musica (riteneva che educare il pubblico e sviluppare il suo gusto fosse un obbligo morale dell’artista), ma collaborò anche con alcuni dei più importanti strumentisti del tempo. Musicisti come Mstislav Rostropovich per il violoncello, Julian Bream per la chitarra, Osian Ellis per l’arpa, gli ispirarono brani scritti espressamente per loro, tenendo conto delle loro capacità tecniche e della loro musicalità, e collaborarono con lui dandogli suggerimenti sulla scrittura per i loro strumenti.

L’incontro di Britten con l’arpa avvenne negli Stati Uniti, dove egli si era trasferito col suo compagno, il tenore Peter Pears, nel 1939 per sfuggire alla guerra. Nel 1941, poco prima di decidere di tornare in Gran Bretagna, un arpista americano gli commissionò un Concerto per arpa e gli procurò un metodo per imparare a conoscere la scrittura per questo strumento. Di questo Concerto non sopravvive nulla perché quasi certamente non fu mai scritto, ma sicuramente l’insolita commissione stimolò in Britten l’interesse per l’arpa e ispirò il suo utilizzo nella composizione A Ceremony of Carols per coro di voci bianche (o coro femminile) e arpa che gli scrisse sul transatlantico che dagli Stati Uniti lo riportò in Inghilterra nel 1942. Questo brano fu una dei pochi che Britten compose senza aver ricevuto una commissione specifica, ma la decisione di musicare dei Carols, canti tradizionali natalizi, fu da lui presa presumibilmente pensando alla possibilità di farli eseguire al suo arrivo in Inghilterra, durante le festività natalizie che si avvicinavano.1 Il brano piacque moltissimo al pubblico inglese e continuò a essere eseguito spesso in concerto negli anni a seguire.

Pochi anni dopo, nel 1946, il compositore dedicò all’arpa una delle variazioni della celebre The Young Person’s Guide to the Orchestra, composizione che ha per sottotitolo Variazioni e fuga su un tema di

1Heather Wiebe, Britten’s Unquiet Pasts: Sounds and Memory in Postwar Reconstruction, Cambridge, Cambridge University Press, 2012, p. 41.

Purcell. L’opera, a scopo didattico, fu commissionata all’autore dal Ministero dell’Educazione inglese per fare da commento sonoro a un breve documentario sugli strumenti dell’orchestra, ma fu eseguita in concerto ancor prima della distribuzione del documentario.

Fu solo nel 1959, in occasione di un’esecuzione di A Ceremony of Carols nell’Abbazia di Westminster, che Britten ebbe modo di conoscere per la prima volta Osian Ellis, lo straordinario interprete che avrebbe collaborato con lui per molti anni e che gli avrebbe ispirato diverse composizioni, consentendogli di scoprire nuove possibilità e nuove sonorità dell’arpa.1 L’anno dopo, nel 1960, Britten invitò l’arpista gallese a tenere un concerto per l’Aldeburgh Festival e in quella occasione ebbe modo di sentirgli interpretare Handel e Hindemith. Il compositore ammirò il gusto e le scelte musicali di Ellis, più rivolte a uno stile sobrio e classico che all’esuberante stile ottocentesco, ricco di glissandi e volatine, in cui amavano cimentarsi la maggior parte degli arpisti e delle arpiste del tempo. Mostratosi sorpreso del suo modo di suonare l’arpa, gli disse che tutte gli e le interpreti che aveva sentito fino a quel momento gli avevano dato l’impressione di suonare l’arpa come se stessero lavorando a maglia!2 Da quel momento s’istaurò un’intesa musicale tra i due musicisti che durò tutta la vita.

1 Il primo incontro tra Britten e Ellis è raccontato dallo stesso arpista in Ellis, Benjamin Britten (1913-1976) cit., p. 4. Nato nel 1928, Osian Ellis si è spento il 5 gennaio 2021. Cfr. Elinor Bennet, Remembering Osian Ellis (1928-2021), «Harpcolumn», February 4, 2021 (https://harpcolumn.com/blog/remembering-osian-ellis-1928-2021/).

2Cameron Pike, Benjamin Britten’s creative relationship with Russia, PhD Thesis, London, Goldsmiths’ University, 2011, p. 405 (https://research.gold.ac.uk/id/eprint/5919/1/MUS_thesis_PykeC_2011.pdf).

Fig. 1 – Peter Pears, Osian Ellis e Benjamin Britten

Dopo l’incontro con Ellis, Britten guardò con più interesse alla scrittura per arpa, trovando nel suo linguaggio essenzialmente diatonico, nella sua possibilità di eseguire il contrappunto, nella sua capacità di espressione lirica, uno strumento adatto alla sua musica.1

In una intervista rilasciata nel 2010, Ellis raccontò che Britten non consultava mai gli interpreti prima della scrittura di un brano, ma preferiva elaborare in modo del tutto autonomo e creativo le capacità tecniche e timbriche osservate nell’esecutore. Solo dopo aver sentito la prima esecuzione del pezzo accoglieva i suggerimenti tecnici degli interpreti, senza però modificare mai, nell’insieme, la scrittura da lui pensata.2

1Lucia Bova, L’arpa moderna, Milano, Suvini Zerboni, 2008, p. 55.

2 Ivi, pp. 405-407.

In un’altra occasione Ellis sintetizzò l’influenza che il compositore inglese aveva avuto nella storia dell’arpa e nell’evoluzione della sua tecnica con queste parole:

Britten brought fresh invention into harp composition. At first sight, some of it might look quite impossible. Yet, on further investigation my reluctant fingers would conquerer another hurdle, and harp technique would be further extended, and, no doubt, accepted as normal by the next generation of student harpists.1

Nel 1960 Osian Ellis interpretò la difficile parte del Nocturne op. 60 per tenore, archi e sette strumenti obbligati e la parte di A Midsummer Night’s Dream. In questo brano, racconterà Ellis in un’intervista, erano in realtà previste due arpe ma, al quinto giorno di prove, l’altro arpista ebbe una crisi di nervi e si ritirò, costringendolo a scrivere la parte di seconda arpa sulla propria parte e obbligandolo a suonarle entrambe.2

Nel 1961 Britten compose per l’arpista gallese anche la parte di arpa dell’intenso War Requiem che il musicista, pacifista, antimilitarista e obiettore di coscienza, dedicò ai caduti della seconda guerra mondiale e di tutte le guerre.

Nel 1969 il compositore propose a Ellis un concerto da solista nell’ambito del suo Aldeburgh Festival. Per l’occasione Britten scrisse per lui l’unica composizione per arpa sola del suo catalogo: la Suite op.83. Il brano fu inviato per posta all’arpista con questa lettera accompagnatoria:

Here is the Suite. I hope it works. I feel it is rather 18th century harp writing, but somehow it came out that way. I have put in pencil pedallings – but they were only there to help me working things

1 «Britten portò una fresca ventata di novità nella composizione per arpa. A prima vista alcune cose potevano apparire impossibili. Ma dopo uno studio più approfondito, le mie dita riluttanti avevano superato un altro ostacolo e la tecnica dell’arpa aveva fatto un passo avanti e, senza dubbio, quel passaggio sarebbe sembrato normale per le future generazioni di studenti arpisti». Ellis, Benjamin Britten (1913-1976) cit., p. 3.

2Alison Reese, Welsh Wonder (Interview to Osian Ellis), «Harp Column», 26/5 (2018), pp. 24-30.

out, and just rub them out if they get in the way! I haven’t done anything about string positions where you play on the string, nails etc., because I know you’ll have beautiful suggestions yourself. If there are any things which simply aren’t any good (I mean harpistically, not musically), just send them back as returned work. Dear Osian, if it amuses you at all, I shall be very pleased. It isn’t very profound, but it was written rather in reaction to a very grisly piece for Save the Children Fund [this was the tragic Children Crusade for childen’s voices and instruments], and I wrote it with the greatest joy. Love to you all, Ben .1

Dopo quattro giorni, negli studi della DECCA, durante le prove per la registrazione del War Requiem, Ellis fece ascoltare il brano a Britten che, compiaciuto, esclamò: funziona! E modificò solo piccole cose, come un paio di righi alla fine della prima pagina che all’ascolto gli erano sembrati troppo ‘pianistici’.2 L’anno successivo, l’arpista curò la pubblicazione del brano per l’editore Faber di Londra aggiungendovi diteggiature, pedali e alcune note d’esecuzione.

1«Ecco la Suite. Spero che funzioni. Sento che la scrittura sembra del 18° secolo, ma in qualche modo m’è venuta così. Ho scritto i pedali a matita – ma stavano lì solo per aiutarmi nel lavoro di scrittura! Non ho scritto niente su dove suonare le corde, unghie etc., perché so che avrai bei suggerimenti su questo. Se ci sono cose che non funzionano (arpisticamente dico, non musicalmente) rimandamelo indietro. Caro Osian se ti piacerà, ne sarò felice. Non è un lavoro molto profondo, ma è stato scritto quasi in reazione a un pezzo molto cupo composto per la Fondazione Save the Children (il tragico Children’s Crusade per voci bianche e strumenti) e io l’ho scritto con la più grande gioia. Saluti a tutti. Ben». Ellis, Benjamin Britten (1913-1976) cit., p.3.

2 Cameron Pike, Benjamin Britten’s cit., p. 407.

Fig. 2 – Peter Pears, Osian Ellis e Benjamin Britten

Quando nel 1973 Benjamin Britten, in seguito a un intervento cardiaco, rimase colpito da un ictus che gli compromise parzialmente l’uso del braccio e della mano destra, chiese a Ellis di accompagnare Peter Pears in alcuni concerti e per loro scrisse, nel 1974, Canticle V “The Death of Saint Narcissus” per tenore e arpa, opera pervasa da un profondo spirito religioso e, nel 1975, Birthday Hansel, un ciclo di liriche del poeta Robert Burns messe in musica su commissione della regina Elisabetta in onore del settantacinquesimo compleanno della regina madre.

L’anno successivo, nel 1976, il compositore scrisse infine un arrangiamento per voce acuta e arpa di Eight Folksongs, elaborazione di otto canti popolari, in cui l’accompagnamento arpistico è realizzato con tutta la maestria che caratterizza la non vasta, ma molto significativa, produzione del compositore inglese per questo strumento.

LA SUITE OP.83 PER ARPA SOLA1

La Suite op. 83 di Benjamin Britten è l’unica composizione per arpa sola scritta dal compositore inglese. Composta per l’arpista Osian Ellis e a lui dedicata, fu eseguita per la prima volta il 24 giugno 1969 al Festival di Aldeburgh. L’arpista ne curò anche l’edizione data alle stampe nel 1970 per l’editore Faber di Londra con annotazioni, diteggiature e pedali.

Il brano è composto da una successione di cinque forme tradizionali: un’Ouverture maestosa e fortemente ritmica, una Toccata veloce e brillante, un Notturno lento e sognante, una Fuga in stile contrappuntistico e un solenne Inno finale.

Come scrive Osian Ellis: «themes and idioms are recognizably continuous with the great music of the past»,2 ma la composizione utilizza procedimenti armonici e strutturali propri della musica del XX secolo e ha una forte caratterizzazione personale dell’autore sul piano dell’invenzione musicale.

L’autore non usa effetti nuovi, ma attraverso l’utilizzo di tecniche molto tradizionali (arpeggi di tutti i tipi, accordi secchi in posizione ravvicinata, glissandi e un passaggio con suoni armonici) crea una composizione difficile e fortemente idiomatica, che evidenzia le

1 Per l’analisi del brano è stata consultata la seguente bibliografia: Linda Warren, Britten’ Suite for Harp: Analisis and Study Guide, «American Harp Journal», 7/3 (1980), pp. 16-18; Christine M. Vivona, A survey of the harp writing of Benjamin Britten with an emphasis on A Ceremony of Carols, Suite for harp, and A Birthday Hansel, Doctor of Musical Arts Thesis, The University of Arizona, 1989 (http://hdl.handle.net/10150/624862); Mauro Mastropasqua, Introduzione alla musica post-tonale, Bologna, Clueb, 1995; Peter Evans, The music of Benjamin Britten, Oxford, Clarendon Press, 1996, in particolare pp. 335-338; Barbara Poeschl-Edrich, Osian Ellis on Benjamin Britten’s Suite for Harp, «American Harp Journal», 22/4 (2009), pp. 50-53.

2 «I temi e gli idiomi sono continuamente identificabili con la grande musica del passato». Ellis, Benjamin Britten (1913-1976) cit., p. 5.

possibilità espressive dello strumento solo sfruttando le caratteristiche organologiche e le potenzialità timbriche e dinamiche dell’arpa.

La composizione fa ampio uso di armonie tonali e di scale o frammenti di scale modali, passando continuamente dall’organizzazione tonale a quella modale (‘commutazione tra sistemi sonori’).

I cinque movimenti della Suite sembrano formare una struttura ad arco: i due movimenti estremi (I e V) sono più lunghi e solenni, il secondo e il quarto sono più brevi, veloci, leggeri, il movimento centrale è un lento, bellissimo Notturno e rappresenta il climax espressivo della composizione.

L’Ouverture costituisce una sorta d’ introduzione cerimoniale della suite. Gli accordi iniziali suggeriscono la tonalità di do maggiore ribadita anche attraverso la moltiplicazione di sensibili presenti nel quarto accordo che risolve nuovamente sulla triade di do [Es. 1].

Esempio 1

La sezione accordale introduttiva (A) di otto battute è seguita da una sezione contrastante (B) caratterizzata da un basso ostinato riproposto in tre diverse figurazioni ritmiche in cui la tonalità di do maggiore è marcata attraverso la ripetizione della tonica su ogni tempo forte al basso [Es. 2A – 2B – 2C]; al di sopra si muovono secchi accordi sincopati la cui linea superiore dà vita a una melodia per toni interi.

Esempi 2A – 2B – 2C

Tutta la sezione B, della lunghezza di venti battute, è caratterizzata da un graduale incremento della tessitura sonora e dell’intensità agogica che raggiunge il climax soltanto alla fine dell’intera sezione. Il ritorno ad A ripropone lo stesso materiale iniziale trasponendolo un semitono sopra la dominante (triadi arpeggiate di Sol# maggiore), che portano alla conclusione del brano: una coda di cinque battute in cui il basso ostinato della sezione centrale trasposto e presentato alla voce acuta, si spegne gradatamente tornando al do e introducendo la vivace Toccata.

La Toccata presenta un motivo iniziale formato di quattro battute che riappare tre volte con leggere modifiche. Infatti questa Toccata si presenta come un breve rondò AB AB1 AB sebbene non rigoroso nella forma. La prima figurazione ritmica (formata da una terzina di semicrome e da una croma) che dà inizio al brano caratterizza tutto il movimento ed è esattamente la stessa che troviamo alla fine dell’Ouverture [Es. 3A – 3B].

Esempio 3A – 3B

Tutto il movimento rimanda a una scrittura contrappuntistica: fin da subito si evidenzia una linea di basso marcato (marked) cui si contrappone una linea superiore che nasconde una polifonia implicita e che conduce a un pedale di tonica [Es. 4].

Esempio 4

In tutta la composizione una serie di espedienti come p.d.l.t. (près de la table), smorzati, accenti e salti di ottava contribuiscono a dare spensieratezza e gioia a questo movimento virtuosistico.

Il Notturno rappresenta il climax espressivo dell’intera Suite e fornisce una lettura interessante dell’utilizzo di Britten di tecniche compositive classiche affianco a tecniche proprie del XX secolo. Tutto il pezzo sembra basato sul conflitto tra relazioni esatonali e tonalità d’impianto. L’interferenza di sistemi è una tecnica già utilizzata dai compositori del primo Novecento e riguarda l’utilizzo di una serie di note ‘neutre’ che appartengono a più sistemi (modale e tonale).

Questa è la scala esatonale su cui si basa il movimento:

Esempio 5

 

Essa offre al compositore sei suoni indifferenti dal punto di vista tonale da utilizzare, ma il fa naturale con cui inizia il brano si impone come tonica di un modo prevalentemente minore affermato sin dalla prima battuta dalla presenza del do e del lab (seppur nascosti dalle dissonanze presenti nei bicordi) [Es. 6]:

Esempio 6

Partendo dal disegno ostinato iniziale in fa minore, Britten riesce a implicare molte aree tonali diverse, ma tutto il brano ruota attorno alla tonalità di fa minore. Questa sensazione è accentuata dal fatto che Britten usa le alterazioni in chiave proprie del fa minore mentre altera con accidenti transitori le note di sol, re e mi nonostante esse rimangano costanti per tutto il brano. Nella dialettica modalità/tonalità, il solb della scala esatonale riconferma il fa come tonica. Il II grado abbassato funge da controsensibile ed è un’alterazione molto usata nel 20 secolo perché crea attrazione verso la tonica esattamente come farebbe la sensibile. Questo si avverte chiaramente nei due accordi finali del Notturno, dove il movimento del solb verso il fa esalta l’accordo di fa minore con cui termina il brano e restituisce un senso di appagante conclusione dopo tanta indeterminatezza tonale [Es. 7]:

Esempio 7

Dal punto di vista metrico, il brano è caratterizzato da una poliritmia inframensurale: presenta infatti una melodia in 6/8 che contrasta con la regolarità di un disegno di quattro semiminime del basso, che si ripete come in un ostinato [si riveda l’Es. 6].

Questo contrasto contribuisce ad aggiungere all’indeterminatezza tonale del brano anche un senso d’incertezza ritmico-melodica, poiché si ha l’impressione di due schemi che operano indipendentemente l’uno dall’altro, uno trasmettendo impassibilmente lo scorrere del tempo e l’altro presentando un malinconico canto, enfatizzato nella seconda parte (B) dall’utilizzo degli armonici e, nella ripresa (A), dall’utilizzo di ottave arpeggiate.

Come le altre forme polifoniche presenti nella produzione musicale di Britten, anche la breve Fuga di questa Suite è priva di ogni complessità che possa comprometterne l’immediata comprensibilità. Il movimento, più che una vera e propria fuga, sembra ‘alludere’ a una fuga accademica in quanto manca la risposta. L’agile soggetto di sei battute in 5/8 è composto in Sib lidio (scala maggiore col quarto grado innalzato). La figurazione ritmica della sua parte finale (battute 4-6) [Es. 8] stabilisce il ritmo del controsoggetto che si presenta con un monotòno molto caratterizzato ritmicamente da una figurazione persistente in tutto lo sviluppo della composizione.

Esempio 8

Segue una parte libera Cantabile in cui detta figurazione ritmica si ripresenta caratterizzando la melodia della mano destra che si muove su arpeggi della sinistra in questa sezione più lirica. Dopo la riproposizione del soggetto e controsoggetto trasposto al semitono superiore torna una sezione libera (espressivo) in cui, però, la direzione melodica del canto e dell’accompagnamento risulta invertita rispetto al Cantabile precedente [Es. 9A e 9B]

Esempio 9A – 9B

Il movimento termina con una riproposizione finale del soggetto in retrogrado in cui ogni frammento è trattato separatamente e varia nel registro e nella metrica con un espediente compositivo di effetto [Es. 10].

Esempio 10

L’Inno finale è un tema con variazioni sul celebre inno popolare gallese di San Denio e rappresenta una sorta di omaggio di Britten alla grande tradizione di suonatori d’arpa del Paese di Ellis. Il tema dell’Inno, esposto nelle prime tre battute, [Es. 11] funge quasi da cantus firmus passando dall’acuto al grave per tutta la composizione e facendo da guida allo sviluppo delle voci aggiunte.

Esempio 11

La tessitura delle voci diventa sempre più intensa non solo dal punto di vista melodico ma anche del ritmo e della sonorità. La figurazione accordale di minime con cui il tema si presenta, si muove subito dopo su un basso sincopato, assumendo quasi carattere processionale. Segue una parte “with movement”, in cui l’intensità ritmica è incrementata attraverso l’utilizzo di quartine di crome che si muovono melodicamente in direzione divergente e poi attraverso la poliritmia derivante dalle quintine e dall’ultima sestina della mano destra che si oppongono alla regolarità delle quartine della sinistra.1 La seconda variazione procede dapprima per bicordi che da una posizione molto lata sulle corde estreme dello strumento producendo un senso di vuoto centrale che a mano a mano viene riempito da triadi sempre più vicine che generano un aumento dell’intensità sonora. La successiva variazione presenta una più ricca ornamentazione del tema al basso in cui il movimento diventa più incalzante fino a giungere all’ultima variazione. Questa rappresenta il culmine dell’intensità ritmica e sonora utilizzando figurazioni di semicrome tra i forti e pesanti (heavy) accordi arpeggiati del tema [Es. 12].

Esempio 12

1 Tale effetto ritmico è definito ‘illusion of accelerando’ in Vivona, A survey of the harp writing of Benjamin Britten cit., p.19.

Tutto l’Inno è intervallato da brevi interludi a carattere improvvisativo costruiti su triadi maggiori che conferiscono un senso di positività alla composizione e quasi di ottimismo nell’ascoltatore [Es. 13]

Esempio 13

 

Il brano termina con un accordo di do maggiore fortissimo e sforzato, cui segue una coda riflessiva di sei battute che partendo dal ffz giunge al ppp concludendo su un arpeggio di sol che disperde ogni effetto di forza e lascia una sensazione di intima, serena sospensione.

(Il presente articolo è stato pubblicato  nei “I Quaderni del San Pietro a Majella” vol.2  – 2021 e ci è stato inviato dall’autrice Alba Brundo)


Questo articolo é stato pubblicato da
Redazione Redazione di IN CHORDIS, la rivista online dell'Associazione Italiana dell'Arpa.