Arpa jazz

ARPA E JAZZ

ARPA E JAZZ

di Marcella Carboni

 

Il grande Dizzy Gillespie diceva che jasi, in un dialetto africano, significa “vivere ad un ritmo accelerato”. Ma il musicologo Stefano Zenni ci conferma che l’etimologia rimane oscura e controversa e tra le tante teorie ne rimangono due più accreditate: la prima ci dice che Jazz è una parola moderna per jaja (Bantu), che significa danzare, suonare. La seconda farebbe derivare la parola Jazz dagli americanismi gism e jasm, che significano spirito, talento, energia, coraggio, audacia, entusiasmo e abilità.

Perugia, estate 1998, Umbria Jazz. Le lezioni erano da poco terminate e quella sera ci sarebbe stato il tanto atteso concerto di Park Stickney. Mi sono trattenuta in classe a rivedere qualche accordo, quando è entrato Park con un sassofonista austriaco che aveva appena conosciuto. Non si capivano bene, l’austriaco parlava un inglese stentato, ma avevano deciso di suonare qualche pezzo in duo al concerto di Park quella stessa sera.

Io li guardavo sospettosa: improbabile suonare in concerto dopo una sola prova, anzi mezza prova, visto che la scuola stava chiudendo.

I due si sono messi agli strumenti e hanno iniziato a suonare.

A me sembrava suonassero insieme da sempre. Erano bravissimi. Park e il sassofonista ora parlavano lo stesso linguaggio, fatto di ritmi, accordi, melodie. Suonavano nella stessa lingua, e se uno proponeva una certa melodia, l’altro ne capiva subito l’intenzione sviluppandone l’idea e proponendo nuove direzioni.

Ecco, ho pensato, è quello che voglio fare da grande.

Inutile dire che io ero già “grande”, con il mio bel diploma classico, i vari corsi di perfezionamento e frequentavo il quarto anno del corso di composizione. L’arpa che Park stava suonando era uguale alla mia, ma mi sembrava uno strumento sconosciuto. Come faceva a tirare fuori quei suoni, quei ritmi e quanti piedi ci volevano per fare tutti quei cromatismi?

Premetto che ho sempre amato e ascoltato il jazz. Arrivata a Perugia però, ho scoperto che questa musica si poteva suonare anche con l’arpa! E con risultati eccezionali!

Da allora sono passati molti anni e ho cambiato rotta totalmente, il jazz e l’improvvisazione hanno preso sempre più spazio.

Anni fa in Italia, non c’è dubbio, mancavano punti di riferimento arpistici, allora sono andata dove il jazz si insegna e si suona: la Scuola Civica Jazz a Milano, Siena Jazz, Nuoro Jazz, i corsi di Jazz al conservatorio. E sarò sempre grata a Park Stickney, che durante tutti questi anni è stato un punto di riferimento importante per la mia crescita musicale e con il quale, grazie ai frequenti incontri, è cresciuta anche una bella amicizia. Credo sia un percorso obbligato, per imparare bisogna andare dove il jazz vive. Ci vuole forse solo un po’ di coraggio: presentarsi con la propria arpa nelle classi dei pianisti, oppure dei chitarristi, per imparare quel linguaggio che poi si deve applicare al nostro strumento.

Il jazz è una musica estremamente emozionale, nata dall’improvvisazione, ma che necessita allo stesso tempo di notevole tecnica e di una profonda conoscenza armonica, basata sulla varietà ritmica e del fraseggio, su giri armonici e melodie. Nel Jazz l’intento principale di un musicista è quello di far riconoscere la propria voce, il proprio suono, talvolta andando contro quelli che sono stati i canoni del proprio strumento. L’arpa ha pochissima tradizione nel Jazz, ma anche se con pochi punti di riferimento non ci sono ostacoli insormontabili. Ho scoperto nel tempo che ci sono numerosi musicisti interessanti che si cimentano in questo affascinante mondo.

Ecco perché, quando mi è stato chiesto di collaborare a questo settore all’interno dell’Associazione Italiana dell’Arpa, ne sono stata davvero felice, prima di tutto perché l’arpa nel jazz mi appassiona, e poi per condividere, o magari suscitare, un interesse da parte degli arpisti e delle arpiste italiani per questo mondo in evoluzione continua. Infatti, approvando lo spirito dell’Associazione, propongo che questo spazio sia aperto a chiunque abbia interesse al tema, con domande, proposte e segnalazioni di eventi. Ho pensato di strutturarlo con parti storiche e tecniche. Penso inoltre che potrebbe essere di stimolo pubblicare delle piccole dispense con esercizi pratici per avviare lo studio del jazz e più in generale dell’improvvisazione.

Per fare questo ho intenzione di avvalermi della collaborazione di alcuni musicisti con cui sono in contatto, sia arpisti jazz, sia altri musicisti o musicologi o giornalisti che in qualche modo possano aiutarci a dare delle risposte alle vostre domande.


Questo articolo é stato pubblicato da
Redazione Redazione di IN CHORDIS, la rivista online dell'Associazione Italiana dell'Arpa.