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Nuove musiche per arpa ed elettronica

Presentazione del CD “ Nuove musiche per arpa ed elettronica”

Paola Perrucci – arpa

Alvise Vidolin – regia del suono

Musiche di G. Cappelli, C. A. Grandi e A. Guarnieri

La musica del Novecento arricchisce il repertorio arpistico con opere di grande importanza, scritte da autori quali C. Debussy, M. Ravel, P. Hindemith e successivamente B. Britten, A. Jolivet e E. Krenek. Queste composizioni, caratterizzate da diversi stili e linguaggi, mettono in luce le capacità tecnico- espressive dell’arpa, che con esse si evolve e si trasforma nella ricerca di un affinamento interpretativo della musica del proprio tempo. Il continuo progredire nella ricerca linguistica e sonora della musica del XX secolo è presente anche nelle composizioni di Autori italiani, che a partire da Alfredo Casella, hanno dedicato all’arpa un ruolo eccellente nella musica solistica. La trasformazione del linguaggio della musica contemporanea dalla nascita della dodecafonia al serialismo integrale, alla musica aleatoria e alla convivenza di stili molteplici è ampliamente rappresentata dalla musica per arpa di L. Berio, S. Sciarrino, F. Donatoni e S. Bussotti. Tale trasformazione consente all’arpa di esplorare nuovi aspetti relativi alla produzione del suono accomunandola a molti strumenti, tra cui il pianoforte, con il quale l’arpa ha condiviso dalla fine dello scorso secolo alcune modalità di scrittura (arpa preparata, amplificata, suonata percuotendo le corde con bacchette ecc…). Questo percorso complesso e travagliato approda al XXI secolo attraverso l’opera di grandi compositori, che sublimano le scelte del passato proiettando la loro poetica in una estrema sintesi, dove l’espressione e il “pathos” musicale è il veicolo trainante di una nuova comunicazione con il pubblico. Su questa premessa culturale si pongono le opere di Adriano Guarnieri, Cesare Augusto Grandi e Gilberto Cappelli.

Scritte negli anni dal 2007 al 2017, le composizioni di questi Autori incluse nel CD “ Nuove Musiche per arpa e elettronica” rappresentano sicuramente il repertorio contemporaneo italiano più complesso per arpa, sia per l’intensità della scrittura musicale che per la difficoltà tecnica e musicale richiesta. Le sonorità e i volumi sonori realizzati offrono continue sorprese all’ascoltatore. La presenza dell’elettronica, poi, aggiunge spunti molto differenziati nella timbrica e nella trasformazione dei suoni, con soluzioni originali nella loro spazializzazione.

Scritte negli anni dal 2007 al 2017, le composizioni di questi autori rappresentano sicuramente il repertorio contemporaneo italiano più complesso per arpa, sia per l’intensità della scrittura musicale che per la difficoltà tecnica e musicale richiesta. Le sonorità e i volumi sonori realizzati offrono continue sorprese all’ascoltatore. Composti in circostanze e tempi diversi, i tre brani sono accumunati da una medesima capacità di penetrare nell’evoluzione espressiva dell’arpa, alla quale è richiesta una continua capacità di trasformazione, ora in sonorità dalla potenza orchestrale, ora in immagini eteree e leggerissime: ciò produce suoni al limite della tecnica strumentale. Ne risulta una nuova visione dell’arpa come strumento ancor più affascinante e intricato, pur non allontanandosi mai radicalmente dalla propria realtà espressiva.

Adriano Guarnieri si avvicina all’arpa con un brano cameristico “ Solo di Donna” scritto nel 2003 per voce, flauto, arpa e live – electronics su testi di S. Cecchi. Questa composizione si avvicina per la concezione formale e la ricerca timbrica al celebre “Trio” per flauto, viola e arpa di C. Debussy, con il quale condivide l’eleganza e il perfetto equilibrio tra gli strumenti impregnati di una fortissima espressività lirica. Un altro importante brano cameristico dove l’arpa ha un ruolo importante, è “Nell’alba dell’umano – processo a Costanza”, opera da Camera per due soprani, violino, flauto, arpa, violoncello, due voci recitanti e live electronics, dove Guarnieri si spinge in ambiti sonori straordinariamente intensi ed innovativi, tali da essere giudicato da Giacomo Manzoni uno dei brani cameristici più belli di Guarnieri.

Senti il Crepitio di Acque Fragorose”, è un brano estratto dall’introduzione al secondo atto dell’opera “Pietra di diaspro”, eseguita nel 2007 a Roma al Teatro dell’Opera con la regia di Cristina Mazzavillani – Muti e la direzione di Pietro Borgonovo. L’opera utilizza testi di frammenti dell’Apocalisse di Giovanni e poesie di Paul Celan. L’uso degli “a solo“ d’ arpa nel repertorio operistico si rifà ad un’antichissima tradizione storica ed è motivata da Guarnieri dalla trama di ispirazione apocalittica del libretto dell’opera. Il brano è stato composto per 7 arpe le cui parti sono sovrapposte e trasformate elettronicamente con localizzazioni e spazializzazione indipendenti di ciascuna arpa. La scrittura si avvale di ampie zone arpeggiate, oltre che da un uso molto diffuso dei suoni armonici e cluster, in un’estrema intensificazione sonora ottenuta dal sovrapporsi delle linee contrappuntistiche delle singole parti e dalla trasformazione elettronica che consiste in filtraggi comb e risonanti, trasposizioni nell’ambito di due ottave e movimenti indipendenti del suono nello spazio. Completa e integra il linguaggio di Guarnieri l’opera del regista del suono Alvise Vidolin, grazie alla scelta di soluzioni eleganti e sofisticate: in questo modo la percezione di una cascata di suoni come tante gocce d’acqua viene resa quasi reale trasformando con il live electronics i suoni dell’arpa.

La scrittura di “ Risonanze” di Cesare Augusto Grandi è un esempio estremamente raffinato di scrittura musicale in cui lo sviluppo ritmico e le curvature melodiche si muovono in una perfetta concordanza tra culmini espressivi e dilatazioni o intensificazioni ritmiche, dove le sonorità dell’arpa sono al centro di un continuo dialogo con i suoni elettronici superando le barriere spazio – tempo.

Questo brano, eseguito in prima esecuzione al Bologna Festival- rassegna “Grandi Interpreti” è il secondo pezzo composto da Grandi per l’eccellenza tecnica e musicale di Paola Perrucci (così scrive l’Autore). La struttura formale della parte dell’arpa è fondata su un ideale fulcro di rotazione: un elemento espressivo mobile che oscilla al centro del campo frequenziale. A esso arrivano e da esso partono i flussi di suoni che, attraverso caratterizzazioni diverse, creano le varie sezioni del brano con le rispettive, diversificate arcate di tensione. Nella prima versione originaria, Risonanze per corno naturale e arpa, erano le peculiarità e l’estensione del corno naturale a fare eco ai suoni dell’arpa; in Risonanze II, invece, a fare da cassa di risonanza ai suoi disegni sonori è l’ambiente elettronico, con la sua spazialità, il suo ambito esteso, le sue possibilità timbriche e materiche. L’immagine perseguita è quella di una mobilità spaziale degli elementi elettronici attorno alla centralità delle tensioni acustiche dell’arpa, elementi elettronici costituiti quasi esclusivamente dall’elaborazione dei suoni dell’arpa di Paola Perrucci e del corno di Luca Delpriori. Di Cesare Augusto Grandi si segnala anche un altro brano per arpa sola, “ Delle forme i riflessi” scritto nel 2009 ; l’atmosfera sognante e a tratti rarefatta (che si trova anche in “Risonanze II”) di questo brano è contrapposta ad un sofisticato gioco contrappuntistico delle parti e ad un intricato discorso ritmico che, nell’intensificarsi e rarefarsi, amplifica i momenti di tensione – riposo della tessitura musicale. Grandi non disdegna di utilizzare glissandi ed effetti caratteristici dell’arpa, proponendo una visione dello strumento non snaturato dal proprio ruolo, ma volto alla ricerca di nuove modalità espressive.

Le composizioni di Gilberto Cappelli, “ Alba” e “Un Giardino per Annamaria”, sono gli unici brani scritti per arpa amplificata del Maestro forlivese, che oltre ad essere un compositore molto noto e acclamato è anche un pittore affermato; proprio per questa sua duplice realtà di artista le sue opere musicali nascono da studi motivici che vengono elaborati con una particolare raffinatezza cromatica . “Alba” è stata eseguita per la prima volta per i concerti del Rossini Opera Festival a Pesaro nel 2015 voluti dal M° Alberto Zedda mentre “Un Giardino per Annamaria” è stato eseguito in prima assoluta per Bologna Festival 2016. In queste composizioni Cappelli esprime la propria poetica attraverso una scrittura accordale che non si discosta dalla scrittura pianistica ma, ciò nonostante, trova nella sonorità dell’arpa e, in special modo, nella sua risonanza dei suoni, una intesa magica, che riesce ad esprimere la propria drammaticità anche nelle sonorità molto forti del registro centrale dello strumento, che solitamente ha una potenza sonora più limitata. Per dare maggior corpo acustico alle sonorità dell’arpa il compositore prevede una amplificazione con diffusione multicanale, in modo che l’ascoltatore si trovi immerso nel vortice dei suoni e collocato al centro della musica stessa. L’ascolto di questo disco in modalità 5+1 consente di vivere anche in riproduzione l’effetto di spazializzazione dei suoni ricercato dai tre autori, avvalendosi di tecniche molto personali e differenziate sul piano espressivo.

Una particolare attenzione ricade sul concetto di tempo musicale e conseguentemente sul ritmo: nella musica di Cappelli e Guarnieri si assiste ad una evidente impossibilità di notare il ritmo, che scaturisce da un fluire libero dalla frase stessa musicale (seppur non nel senso anarchico del termine) conseguente della sua propria struttura musicale. Un ritmo che forse si avvicina in Cappelli e Guarnieri alla musica Cinquecentesca, non originato dalla scansione metrica della parola, bensì da un’emancipazione ulteriore della musica che si fa essa stessa parola.

Un giardino per Annamaria è stato presentato in prima esecuzione assoluta per la rassegna Bologna Festival ed è stato scritto in memoria di Annamaria Morini, scomparsa prematuramente nel 2016. Il brano vuole essere, come scrive l’Autore stesso, un omaggio affettuoso e un ricordo di Annamaria Morini, grande flautista e grande anima della musica contemporanea italiana. Questa dedica di Gilberto Cappelli unisce idealmente e i tre Autori, Alvise Vidolin e Paola Perrucci, non solo per avere avuto la grande opportunità di collaborare musicalmente con Annamaria e di intessere con lei uno stretto legame di stima e di amicizia, ma anche per condividere una stessa poetica e gusto della musica contemporanea.

Paola Perrucci


Questo articolo é stato pubblicato da
Redazione Redazione di IN CHORDIS, la rivista online dell'Associazione Italiana dell'Arpa.