Arpe antiche / News

Le Istituzioni che collaborano con l’Associazione Italiana dell’Arpa: “L’Associazione per l’Arte dell’Arpa”. L’arpa tradizionale turca : il Çeng

Dal recente incontro con Şirin Pancaroğlu, celebre arpista di Istambul, fondatrice nel 2007 dell’Associazione per l’Arte della Arpa, direttrice di un Festival Internazionale e promotrice della cultura dell’arpa in tutte le sue espressioni nei vari generi musicali, è nato un sodalizio con la nostra Associazione Italiana dell’Arpa con l’auspicio di future collaborazioni.  La promozione e diffusione della cultura dell’arpa ci accomuna, quindi ringraziamo Şirin per averci mandato un suo splendido articolo sull’antica arpa turca, uno degli strumenti che ancora oggi lei propone nei suoi concerti.

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Nel 1660 , Evliya Çelebi (1611-1682), celebre scrittore, documentò nel suo diario di viaggio l’esistenza di un unico tipo di arpa in uso a Istambul durante l’impero ottomano e descrisse una decina di esecutori esistenti a quel tempo. Si trattava certamente di un’arpa angolare, uno strumento assai diffuso nell’antichità, scomparso da varie aree geografiche, ma rimasto per lungo tempo presso le culture islamiche, specialmente in Iran, Iraq e Turchia.  Il nome persiano di questo tipo di arpa è chang, ma la parola turca è çeng , uno strumento che vide probabilmente le sue origini in Iran 3000 anni prima di Cristo. La sua forma originaria era arcuata, poi divenne angolare intorno al 1900 a.C.  Un’ulteriore trasformazione rese più solida la sua struttura, quando la cassa armonica fu collocata sopra la cordiera. Il chang fu lo strumento più prestigioso presente nelle corti dell’Impero Sasanide (224-642 d.C.) e la sua forma divenne più elegante, ma più fragile intorno al 600. Ampiamente adottato durante il medioevo, appare più raramente durante il 17° secolo quando se ne trovano tracce soltanto nei racconti di Evliya Çelebi. Le fonti iconografiche fino a quel periodo non offrono indicazioni accurate sulle sue caratteristiche , tuttavia sono riportate descrizioni più precise nei trattati di Ibn Ghaybi (1435), compositore, teorico ed esecutore che descrive il chang come uno strumento dotato di una cassa armonica obliqua lunga 109 cm e di un’asta lunga 81 cm sulla quale sono poste 24 o 25 corde di pelo di capra fissate a pioli metallici. Il piano armonico risulta coperto da una membrana di pelle rifinita in legno. Altre fonti descrivono una cassa armonica posta sopra le corde che nel tempo divenne ricurva e fu adornata con drappi ed elementi decorativi. Nel suo centro venne posto un ponte sottile e flessibile in grado di sostenere la tensione delle corde. Il çeng poteva avere da 15 a 25 corde, più comunemente 21, fabbricate con fili di seta ritorti, con pelo di capra o crini di cavallo, ma i materiali erano diversi a seconda del suono che si voleva ottenere. Nelle fonti principali fino al 14° secolo prevalse la seta ritorta. Lo strumento era diatonico e veniva accordato di volta in volta, specie nel modo tipico detto maqam. Le dimensioni rappresentate variavano molto: l’arpa poteva essere suonata stando accovacciati, oppure lo strumento di grandezza maggiore si appoggiava e si suonava stando in piedi.

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L’arpista venne comunemente raffigurato seduto sulle ginocchia piegate con lo strumento appoggiato sotto il braccio sinistro, mentre suona con due mani utilizzando le dita o anche un plettro.

Il çeng iraniano era antichissimo e fu introdotto in Arabia con il nome di Jank prima ancora dell’avvento della cultura islamica, in seguito si diffuse anche in Egitto e in Turchia. Trasportato verso l’oriente lungo la Via della Seta nell’Asia centrale, in Cina, Corea e Giappone, l’arpa çeng, in una forma più esilefu costruita in Cina verso il 600 (quindi esportata nuovamente in Iran), variando in seguito nel k-ung-hu, (giapponese kugo). Il nuovo design dello strumento presentava un elemento di congiunzione, cioè un perno posto tra la cassa armonica e il cavigliere, una sorta di fulcro che impediva all’arpa di piegarsi a causa della tensione delle corde. Il prestigio del çeng variò in base all’importanza conferita alla musica presso le corti.

A Taq- i Bustan si trovano rappresentate nelle incisioni rupestri delle figure femminili suonatrici di arpe angolari durante una cerimonia di caccia regale in una palude. La presenza di arpisti raffigurati su imbarcazioni o durante banchetti regali, fa pensare che lo strumento fosse utilizzato esclusivamente presso le corti. Più comunemente suonato dalle donne, venne spesso accostato alla voce e alle percussioni. Come accadde spesso anche in Europa, la cultura musicale del vicino Oriente era prevalentemente vocale fino al XVIII secolo . Data l’assenza di musica idiomatica , il canto veniva accompagnato e ornato dagli strumenti in base alle caratteristiche del testo.

Il çeng sembra essere stato lo strumento prevalente in più di un singolo campo artistico . La sua cornice bella e luminosa compare ampiamente nelle illustrazioni di libri islamici tra i secoli XIV e XVII , mentre nel periodo sasanide i çeng più antichi erano raffigurati sui vasi d’argento . Per i poeti la sua linea curva e armoniosa divenne il motivo letterario preferito. In alcune opere poetiche il çeng è protagonista assoluto e diviene un’allegoria dell’anima umana. Un esempio si trova nel Çengname ( “Libro di Chang” ) di Ahmed -i Da’i , poeta turco vissuto tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo. Il suo lavoro comprende anche informazioni essenziali sulla realizzazione dello strumento. Un altro libro , il Risalah – i Chang (“Il Trattato sulla Chang”) , attribuito al poeta persiano Qamari ( XIV secolo) , descrive di ruolo del çeng come medium dell’esperienza emotiva del musicista.

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Şirin Pancaroğlu

L’arpa angolare ha vissuto una lunga vita nelle culture islamiche. Il dottor Bo Lawergren, che ha svolto approfondite ricerche sul arpa nel mondo antico, afferma che la ragione della longevità del çeng è strettamente connessa alla vita politica. Anche quando la sua popolarità sembrò attenuarsi, lo strumento continuò ad essere presente nelle corti e nelle illustrazioni di libri soprattutto in Iran, forse per creare un collegamento tra le dinastie Timurid e Safavide ( dal XV al XVII secolo ) e la gloria dell’antica corte sasanide, come segno di prestigio reale. Lawergren, inoltre, sostiene che il çeng divenne obsoleto a causa della diffusione degli strumenti appartenenti alla famiglia dei liuti. Le arpe, essendo in grado di produrre solo una ventina di note, erano fragili e inaffidabili per la sintonizzazione con le modulazioni e non potevano competere con i liuti, forti e compatti. Forse Evliya, l’ultimo dei testimoni oculari del çeng aveva ragione quando scriveva che “è uno strumento difficile da suonare”.

Nota: desidero ringraziare il Dott. Lawergren per aver condiviso con me la sua conoscenza dell’arpa angolare.

 Selected Bibliography:

 Fallahzadeh, Mehrdad. Persian Writing on Music: A Study of Persian Musical Literature from 1000 to 1500 AD. Uppsala, 2005.

Farmer, Henry George. “’Abdalqadir ibn Gaibi on Instruments of Music.” Oriens 15 (1962): 242-48.

Farmer, Henry George. “Mi’zaf.” Encyclopedia of Islam.

Lawergren, Bo. “Harp.” Encyclopaedia Iranica.

Lawergren, Bo. “The Beginning and End of Angular Harps.” In: E. Hickmann and R. Eichmann (eds.), Studien zur Musik Archäologie i: Saiteninstrumente im archäologischen Kontext, pp. 53-64. Deutsches Archäologisches Institut, Rahden, Leidorf, 2000.

Traduzione di Emanuela Degli Esposti


Questo articolo é stato pubblicato da
Şirin Pancaroğlu