Arpe antiche / Liuteria / Storia dell'arpa

La Collezione Maggi

In occasione del restauro di un’arpa cromatica, tornata nell’aula del mio corso dal museo dello stesso conservatorio di Parma, mi sono chiesta se nella città in cui vivo fosse rimasta traccia di artigiani che in passato destinarono arte e ingegno a questo strumento.  Cremona vanta una tradizione liutaria famosa in tutto il mondo, sono celebri gli sforzi delle storiche botteghe di Antonio Stradivari e Giovanni Battista Ceruti, come la produzione delle loro arpe conservate rispettivamente a Napoli e Milano.  Una ricerca virtuale, partendo dalla descrizione che fece tempo fa la mia ex insegnante di un’arpa ad uncini prima e una raccolta di appunti poi, mi ha aperto le porte della collezione di Mario Maggi.  Con il favore di fortunate coincidenze non è stato difficile contattare Giorgio che, con squisita premura, mi ha invitato a visitare la collezione e insieme conoscere la figura del padre.  Il Maestro Mario Maggi, scomparso cinque anni fa, è stato un eclettico musicista, un organologo, un eterogeneo ricercatore, didatta e infine un competente collezionista.  La collezione Maggi appunto, un piccolo museo in termini di spazi che svela un immenso valore per il prezioso contenuto.

A poco più di due isolati dal duomo trecentesco, tra le mura di un focolare domestico che ornato da qualche raggio di sole invernale riporta alla tela di un affascinante Vermeer moderno, è conservata una straordinaria raccolta privata di strumenti antichi fra le più importanti in Italia.  Mario è sempre stato aiutato dai figli Giorgio, docente di chimica e storia dell’arte che ha classificato la collezione ed ha curato gli aspetti organizzativi di molte sue esposizioni e Sergio. Il maestro Maggi,ha raccolto, per la sua professione di insegnante e solista, centinaia di strumenti tra i più preziosi e curiosi (157 tra gli esemplari più pregiati sono stati catalogati nel 2002).

L’affettuosa accoglienza della signora Maria Lucia, moglie e padrona di casa, ha fatto da cornice in quella che chiama da sempre “la stanza dei segreti”.

Mario Maggi (1916 -2009) frequentò il conservatorio di Piacenza, collaborò alla famosa mostra di strumenti musicali a Cremona nel 1937, in cui furono riuniti i famosi violini della classica scuola cremonese.

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                                                              Mario Maggi

Si diplomò in violino nel 1942 al Conservatorio di Atene, partecipando neodiplomato ad un concerto al Grande Bretagne di Piazza Sintagma, in cui la maggior parte dei musicisti apparteneva alla Berliner Philharmonisches Orchester (diventati poi i Berliner Philharmoniker) diretti da Wilhelm Furtwängler.
Si cimentò giovanissimo in scherzi musicali a RadioAtene con l’amico Flaminio Varesi.
Per esser stato deportato dai nazisti dopo l’otto Settembre e non aver rinnegato la sua italianità negli anni della guerra, riceverà postuma la medaglia d’onore dal Ministero della Difesa.

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Concerto al Britannia, in Piazza Sintagma ad Atene (1942)

Tornato a Cremona, negli anni ’50 suonò violino e sax in complessi jazzistici, successivamente si fece apprezzare come orchestrale al Teatro Ponchielli e come solista in Cattedrale. Lavorò come tecnico accordatore ed esperto al controllo di qualità presso la fabbrica di pianoforti Anelli, fu docente di musica e di strumento nella Scuola Internazionale di Liuteria, mentre continuava a insegnare la viola in innumerevoli lezioni concerto, accompagnato anche dal figlio Sergio.   Si adoperò in commissioni di esperti e giurie in storiche biennali degli strumenti ad arco con importanti personaggi come l’industriale Walter Stauffer. La fondazione Stauffer , istituzione che amministra l’ingente eredità secondo le disposizioni testamentarie dell’industriale, mecenate della cittadina Scuola di liuteria, dell’ Università di Musicologia e dell’Accademia omonima dove oggi si formano giovani talenti sotto la guida di Salvatore Accardo, Rocco Filippini, Franco Petracchi e Bruno Giuranna, gli affidò la responsabilità di un importante corso di musica.  Accompagnò il baritono Aldo Protti in diverse occasioni musicali e si esibì in tutta Europa riscuotendo successi in scenari prestigiosi come la reggia di Versailles, i teatri di Salisburgo e di Atene … Suonò la viola tenore sotto la direzione di Ennio Gerelli nell’ “Incoronazione di Poppea” di Zeffirelli, così come furono numerose le collaborazioni con artisti di chiara fama. I suoi violini e non solo sono stati usati nei film “Stradivari”, con la straordinaria partecipazione di Salvatore Accardo, “I promessi Sposi “(Rai 1989) e la “Vita di Verdi “.

Dall’operosità del Maestro sono nate cooperazioni con associazioni di rilevante importanza nel mondo degli artigiani liutai : l’ANLAI (Associazione Nazionale Liuteria Artistica Italiana) di Roma e l’ALI (Associazione Liutaria Italiana ) con sede a Cremona, che intervengono in autorevoli mostre concorso.  All’estero si scrisse di lui nel prestigioso londinese The Strad e nel MMR –U.S.A, in una rivista specializzata Ucraina e in un’enciclopedia giapponese. L’ITIS Torriani di Cremona gli ha dedicato una sezione del proprio Museo, visitato mensilmente da studenti di scuole di tutta Italia. Giorgio sostiene che la lezione di Mario, dalla scuola al convegno come ai concorsi, è sempre stata accompagnata dai suoi strumenti, dall’analisi delle loro caratteristiche e dalle esecuzioni di brani significativi: un esempio straordinario di didattica nell’esposizione museale dello strumento musicale, che in quanto tale, è vivo nell’espressione artistica senza soffocanti architetture e modelli di comunicazione minimali.  Collaborò con il figlio Giorgio nell’analisi epistemologica di sincretismi tra scienza, arte e musica nei saggi “La chimica dell’affresco “, “Chimica Musica barocca e naturalismo per reinterpretare Caravaggio” ,“Chimica e liuteria nell’iconografia dell’affresco” in cui sono stati identificati gli strumenti riprodotti in molte opere d’arte. La sua esperienza fu inoltre apprezzata in cooperazioni con il dipartimento di Scienza dell’Educazione – Università Roma Tre – Centro di didattica museale. Interpretò testi musicali con strumenti d’epoca o la loro riproduzione, sempre indagando su nuove sonorità e temperamenti del passato, attraverso la conoscenza storica dello strumento stesso.

Mario Maggi fu tra i primi a sollecitare riproduzioni liutarie secondo principi organologici, trovando anche talvolta incomprensioni tra i colleghi. Un contemporaneo quanto poliedrico alchimista che approfondì lo studio scientifico dei trattamenti delle tavole acustiche, ma anche la morfologia e l’estetica dello strumento che ebbe nel rinascimento e nel barocco infinite transizioni e mutamenti. Parlando di alchimia sempre Giorgio mi ha fatto notare una particolare circostanza: Claudio Monteverdi a Cremona alla fine del ‘500, mentre segnava il passaggio dalla musica rinascimentale a quella barocca, si destreggiava fra ampolle e alambicchi. Sperimentava panacee e con tutta probabilità anche vernici. Soprattutto le sue esperienze trasposte in musica, alcuni vogliono fossero legate alla filosofia della pietra ed alla Grande Madre. Le pratiche di alchimia erano abbastanza comuni ai tempi, si pensi che in città si contavano trentasei spezierie. In alcune di queste qualche decennio dopo si rifornirà Stradivari per comporre la formula cosiddetta “segreta” della vernice che utilizzata per i suoi violini.

La collezione vanta, tra i tanti esemplari, un violino di Antonio (1540 circa – 1638 ) e Girolamo (1561-1630) Amati curiosamente ingrandito agli inizi del ‘900.
( Anche un violino Stradivari esposto alla mostra del 1937 “reca un ingrandimento; fu costruito originariamente per un bambino che diventato adulto preferì farselo ingrandire dallo stesso Stradivari anziché commissionarne uno nuovo, probabilmente perché si era affezionato al proprio strumento”. Catalogo della Mostra di Liuteria Antica Cremonese )

maggi 4Violino Antonio e Girolamo Amati

Un rarissimo Melophone (esemplare del parigino Leclerc del 1800), Boite à musique tra cui alcune Serinette del ‘700, una sorta di piccolo organo a canne con forma rettangolare, strumento caro a compositori come Gluck, Haendel e soprattutto Mozart.
E’ infatti nelle mani del giovane uccellatore Papageno che mette questa scatola sonora.
Nel 1600 la Serinette era usata dagli aristocratici per insegnare “arie” ai canarini.

maggi 5Serinette

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Boite à musique

Un’ampia sezione è dedicata alla ricostruzione di antiche Ribeche,Vielle e Ghironde.
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Nella collezione anche un’originale Tromba Marina: discende dal monocordo medievale, supera i due metri di altezza e la cassa di risonanza assomiglia a quella di un’arpa con un manico nel prolungamento della tavola.

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Viole d’amore, Viole da gamba, Violette e Viole rinascimentali frutto anche dell’abilità di artigiani cremonesi. Alcuni strumenti sono nati per la reale esigenza di essere utilizzati nel concerto o nella scuola e non per il solo scopo di arricchirne la collezione.
Straordinaria è la riproduzione di viole e protoviolini raffigurati nell’iconografia cremonese; le intuizioni di Mario hanno dunque costruito una raccolta di strumenti prodotti da giovani artisti atigiani che nel tempo sono diventati i più famosi liutai cremonesi ed italiani.
Un Violoncello a cinque corde originale del XIX secolo, Organi portativi e positivi, alcune curiose Concertine, Fortepiani e la riproduzione di un Virginale del 1600.

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maggi 10Vezzosi Violini Pochette progettati per essere infilati in una tasca (da cui il nome francese) utilizzati dai maestri di danza a corte e dai musicisti di strada sino al XVIII secolo.

E ancora, antichi dispositivi per fabbricare corde rivestite di rame o d’argento; “Il problema della fabbricazione di buone corde era spesso sottovalutato, tanto che Francesco Galeazzi scrisse in un saggio: Non sarà, cred’io, discaro al mio lettore, che io qui gli descriva una picciola semplicissima macchinetta, e l’uso glie ne additi per filarsi, e ricoprirsi d’argento da sé i cordoni”.

Sino ad arrivare agli strumenti oggetto principale della mia visita: un’arpa di Enrico Ceruti del 1879, la riproduzione dell’arpa del nonno di Enrico, Giovanni Battista, disegnata e progettata dallo stesso Maggi con l’aiuto di valenti artigiani per la parte di specifica falegnameria ( purtroppo non è stato possibile riportare alcuna immagine perché durante la mia visita era esposta in una mostra di liuteria) e una Frederick Grosjean Grecian Harp N° 453 N° 11 Soho Square London.
La provenienza dello strumento di Enrico Ceruti è da ricercare nei ricordi di famiglia di Mario. Custodita gelosamente per decenni da vicini parenti, il Maestro aveva memoria di quest’arpa come appartenuta a una delle contesse De la Celle che viveva nell’800 a Palazzo Cattaneo nel cuore di Cremona.

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Della famiglia dei liutai Ceruti si hanno notizie dal 1756 nel paese di Sesto Cremonese, piccolo comune della provincia di Cremona.
Qui nacquero Giovanni Battista (1756-1817) e il figlio Giuseppe (1785-1870).
Enrico (1806-1883) venne alla luce a Cremona dopo il trasferimento dell’intero nucleo familiare.

Una curiosità: a Sesto Cremonese nacque anche Walter Stauffer nel 1887, del quale ho accennato sopra.
La fondazione Stauffer ha acquistato quattro strumenti di grande valore, fra questi il violino
detto ”Il Ceruti” del 1868 di grande importanza storica nato dalle mani di Enrico.

Enrico Ceruti fu anche un attivo commerciante di strumenti e contrabbassista. Lasciata la casa del padre, del quale fu allievo, nel 1830 dai registri dei censimenti parrocchiali risulta come costruttore di strumenti, anche se pochi esemplari prima del 1840 sono sopravvissuti. In un periodo in cui i migliori liutai europei imitavano Stradivari e Guarneri del Gesù, Enrico seguì un percorso diverso prendendo ispirazione da Carlo Bergonzi. Gli attrezzi della bottega furono donati al comune di Cremona: tale donazione costituì il primo fondo di quella che sarà la collezione del Museo Stradivariano. Anche attraverso la dinastia dei Ceruti, di allievo in allievo portando avanti la tradizione classica, si arrivò alla creazione di laboratori che dominarono sino alla metà del ventesimo secolo e, nel 1938, all’apertura della Scuola di Liuteria.

Da giorni sto fantasticando osservando il quadro di Alessandro Rinaldi ( 1839-1890 ), conservato al Museo Civico Ala Ponzone di Cremona.
Un particolare riferimento bibliografico (Bonetti, Cavalcabò, Gualazzini, Arch.Stor.Cremonese ) riporta: “E’ molto probabile che il Rinaldi contemporaneo dell’ultimo allievo della scuola dello Stradivari Enrico Ceruti abbia dalla sua viva voce appreso qualche elemento ambientale atto a ricostruire con una certa approssimazione la bottega del Maestro e forse anche qualche nozione iconografica …”
Una visione romantica, in assenza di verità dimostrata, mostra nel quadro scomposto in particolari A.Stradivari con la sua vernice giallo oro cremonese per definizione.
A lato un’arpa con modiglione che lontanamente assomiglia a una Cousineau, ha in realtà la caratteristica del riccio dell’arpa di Giovanni Battista Ceruti.
A fianco, da una finestra, si intravede la chiesa di S. Domenico e lo strano personaggio seduto in un angolo che sembra voler far parte prepotentemente dell’ambiente.
Perché non individuarlo verosimilmente con Enrico Ceruti che pare sfogliare … Forse una Bibbia dal momento che più volte è stato ipotizzato dagli studiosi che proprio nel Libro Sacro Stradivari avrebbe scritto la sua formula ?

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La Bottega di A.Stradivari , A.Rinaldi 1886 Museo Civico Ala Ponzone

L’arpa Grosjean arrivò a Mario come eredità da un amico e collega con il quale condivideva la stessa passione per il collezionismo.
Reca sul capitello la scritta del restauro ad opera Morley – Harp maker.

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In questo link immagini storiche di arpe e arpisti dal sito Clive Morley Harps:

http://www.morleyharps.co.uk/general-articles/historical-images/#group   

Una Grosjean SABO Square London N° 1946 è conservata al Vydunas Museum di Kintai.
Vydūnas (letteralmente “colui che vede”) pseudonimo di Vilhelmas Storosta 1868-1953, filosofo e scrittore, fu una figura di primo piano nella vita culturale dei lituani nella Prussia orientale ( Lituania Minore ).
Nacque nel Jonaičiai, allora sotto il dominio tedesco (il suo volto compare ora stampato sulla moneta lituana).
Ebbe un grande interesse per la filosofia orientale, scrisse molti articoli e trattati sul modo di concepire una condotta di vita sana, in perfetto equilibrio con il corpo.
Il suo tema più ricorrente fu l’aspirazione ad una spiritualità superiore.
Con una profonda teoria filosofica si attivò fervidamente per risvegliare la consapevolezza dell’appartenenza alla nazione del popolo lituano: contrario alla germanizzazione della sua patria, concepì una dottrina incentrata sul rapporto uomo-nazione, sottolineando l’importanza del ruolo svolto dalla lingua.
Fu arrestato dai nazisti nel 1938, riuscì a scampare alla segregazione nei campi di concentramento dopo pochi mesi, grazie alle proteste di massa del popolo lituano.
Rimase tuttavia sotto stretta sorveglianza della polizia.
Vydunas studiò sin dalla giovane età arpa, pianoforte e violino (acquistò l’arpa Grosjean di seconda mano) scrisse anche alcune composizioni folkloristiche suonando per quarant’anni con il coro da lui fondato e diretto.
Nel 1944, in seguito ai continui bombardamenti da parte dei russi su Tilžė, città in cui viveva, si ritirò nella Germania Ovest.
Il popolo Lituano ha raccolto i suoi cimeli in un museo in cui è esposta anche l’arpa che fu costretto ad abbandonare nella partenza precipitosa.
Vydunas fu proposto per il premio Nobel dalle associazioni di scrittori del suo paese.

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Vilhelmas Storosta 

Morì nel 1953, sepolto in un primo tempo nel cimitero di Detmold fu da lì trasferito nel 1991 in quello di Bitenai (Lituania ).

Vorrei rivolgere un caloroso grazie al caro Giorgio, a Sergio e alla signora Maria Lucia che per espresso desiderio di Mario che spirò mentre accarezzava il suo violino, condividono nel suo ricordo la collezione, le esperienze musicali e le ricerche compiute su tutti gli strumenti con chiunque sia sensibilmente interessato .

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Gli appunti di Mario che sono stati riordinati, riletti e riuniti dal figlio Giorgio negli ultimi suoi mesi di vita, appaiono quasi come un testamento morale.
Nel testo pubblicato di seguito si sviluppa la descrizione analitica delle tre arpe insieme alla ricerca delle loro caratteristiche … una singolare storia di questo strumento “in una disordinata raccolta di arpeggi “ e la sua evoluzione nella città del violino.

http://www.collezionemaggi.altervista.org/arpa.PDF

E infine , parlando di arpa e di Cremona , vorrei concludere ricordando anche Iris Pinardi, allieva di Margherita Hazon al conservatorio Arrigo Boito di Parma, prima arpa del Teatro Comunale di Bologna e moglie di Marco Brasi, fondatore dell’Accademia Musicale Cremonese nell’immediato dopoguerra.

Fonti

Duane Rosengard, Contrabbassi Cremonesi, Ed.Turris, Cremona, 1992.

Alfonso Mandelli ,Nuove indagini su Antonio Stradivari , Ed.U.Hoepli Milano 1906.

Vydūnas Museum , Branch of Vydūnas Cultural Center in Kintai .


http://www.crvp.org/book/Series04/IVA-17/chapter_vii.htm

Storia di Cremona Il Novecento , a cura di Elisa Signori ,Bolis Edizioni ,Azzano San Paolo (BG) 2013

Bianca Bolzoni, nata a Cremona,  studia arpa classica con Emanuela Degli Esposti al Conservatorio A.Boito di Parma. Premiata in vari concorsi cameristici, ha già al suo attivo numerosi concerti, sia come solista che in gruppi cameristici. Suona in duo d’arpe con Gilda Gianolio e fa parte dell’Ensemble di Arpe Leonardo Primavera. Ha effettuato varie Master Class ad Assisi, Lovere (Accademia Tadini), Conservatorio di Cosenza, Royal College di Londra. Ha partecipato a seminari tenuti da Lincoln Almada e Ieuan Jones.

l’Associazione Italiana dell’Arpa ringrazia la famiglia Maggi per aver reso possibile la pubblicazione di questa preziosa testimonianza.

 


Questo articolo é stato pubblicato da
Bianca Bolzoni