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Intervista a Judith Liber

Ticino Musica 2014 ha ospitato per la prima volta il corso di arpa, strumento estremamente affascinante e complesso. Abbiamo fatto alcune domande a Judith Liber, docente della masterclass, arpista dalla carriera straordinaria, orchestrale, solistica e didattica.

foto Judith 3Judith Liber insieme alle allieve della Master Class a Ticino Musica 2014

Nell’immaginario collettivo l’arpa è considerata uno strumento gentile, dal suono delicato e più debole degli altri strumenti dell’orchestra. Al contrario l’arpa deve spesso porsi come strumento solista e “farsi valere” a fronte di archi, fiati e ottoni. Cosa pensa in proposito?

Ricordo una discussione che ebbi una volta con una delle persone dell’organizzazione della mia orchestra, la Israel Philarmonic Orchestra, riguardo l’importanza dell’arpa in orchestra. Se ad esempio a un violino salta una corda, la musica va avanti. Si può suonare una sinfonia di Mahler senza anche due, quattro violini. Ma se si rompe una corda dell’arpa la sinfonia non può andare avanti. Il concetto generale del significato dell’arpa in un’orchestra sinfonica è qualcosa su cui ho lavorato durante tutti i 40 anni della mia carriera. L’arpista deve giustificare la propria posizione essendo musicalmente importante e significante nella partitura, nell’affresco, nella complessità del suono orchestrale. Questo significa avere la padronanza nella produzione del suono: l’arpa deve essere sentita, non deve essere solo vista. Questo significa prendersi la responsabilità di conoscere la sala, di sentire le dinamiche nell’acustica della sala in cui si suona. E’ stato proprio Mahler a portare l’arpa nella parte più intrinseca della partitura, nella struttura del suono orchestrale.

Dei grandi direttori con cui ha lavorato, quali sono quelli a cui è rimasta più legata, che sono stati determinanti per la sua carriera?

Prima di tutto devo nominare il direttore che mi ha scelta, Pierre Monteux. Lui era alla fine della sua carriera, io avevo 23 anni. Feci davanti a lui l’audizione per la Israel Philarmonic Orchestra. Al termine dell’audizione mi chiese: “Hai una qualche seria esperienza orchestrale?” “No” “Bene, tu sai come si suona l’arpa. Tutto il resto lo imparerai”. Era il 1963. Fin che ha vissuto ha puntato su di me, aveva scoperto il mio potenziale. E’ vero, io sapevo come si suonava l’arpa e avevo il Suono, ma non conoscevo il repertorio. Il direttore che più ha influenzato e contribuito a sviluppare la mia carriera, anche come solista e insegnante, è indubbiamente Zubin Metha, un uomo dalla enorme umanità, mio grande amico, direttore dal retroterra culturale straordinario. Noi amiamo dire “la bacchetta non fa rumore, non fa mai un errore, non suona mai una nota sbagliata”, ma ha una grande influenza e Zubin Metha, senza imporsi (come fanno molti altri) sa dare a ogni strumentista lo spazio per essere se stesso. Metha dà un’opportunità allo strumentista, che non è solo un tasto sulla tastiera che il direttore suona, ma può e deve dimostrare la propria personalità. Un altro grande direttore che mi ha dato intenzionalmente e personalmente un mondo di cultura e di musica è Leonard Bernstein. Era, anzi è un grande insegnante. Ogni prova con lui era una lezione di storia, di letteratura. Attraverso queste prove, ad ascoltare veramente, si poteva imparare tantissimo, era come prendere due o tre lauree. Era presente e prominente, è stato un genio musicale.

Qual è il consiglio che può dare a un giovane musicista che aspira a suonare in

orchestra?

Definisco la musica come suono, come comunicazione attraverso il suono e penso che essere parte del suono dell’orchestra sinfonica sia mio avviso l’esperienza musicale totale.

Io, come arpista, pensavo di voler fare la solista. Amavo il momento della performance, amavo stare sul palcoscenico e condividere il momento del fare musica. Ero convinta del fatto che non volevo suonare in un’orchestra, non volevo sentirmi dire cosa fare. Ma quando arrivò l’opportunità andai a fare l’audizione per la Israel Philarmonic Orchestra e la vinsi. Pensai di andare per fare un anno di esperienza e invece dopo due settimane capii che avevo trovato il mio posto in quel suono, in quell’affresco, nella profondità di quel repertorio. Se un giovane sente il bisogno di questo il suo posto è l’orchestra sinfonica, che tuttavia implica un lavoro durissimo. Per chi non ama l’orchestra con tutto ciò che implica, può diventare terribile. Mi considero molto fortunata per tutto quello che ho avuto e anche per aver preso la giusta decisione: quando ho accettato l’incarico alla IPO ero molto giovane e ho fatto un cambiamento di vita molto costoso da un punto di vista personale. Ma lo rifarei.

Qual è l’importanza dell’insegnamento nella sua vita?

Sono estremamente appassionata per l’arpa, perché venga imparata nel modo giusto, tale da essere apprezzata. Ho iniziato a insegnare quando ero molto giovane. Avevo 16 anni quando ho avuto la mia prima allieva, ma era solo per caso. Durante gli anni alla IPO il tempo da dedicare all’insegnamento era tempo “extra”, perché ero totalmente impegnata con il lavoro in orchestra. Nel frattempo comunque rivestivo la carica di Direttrice artistica del Concorso Internazionale per arpa in Israele, il primo e più importante concorso arpistico. Negli anni ho sentito centinaia di giovani aspiranti arpiste e ho avuto un’influenza cruciale sul repertorio richiesto nelle ultime 15 edizioni. Ho sempre cercato di innalzare il livello e l’aspettativa, nonché di guidare le scelte il repertorio. Da quando sono andata in pensione ho cominciato a insegnare attivamente attraverso le masterclass. Amo insegnare, ho una grande passione, ma sono anche molto severa. Gli errori non mi preoccupano, ma io voglio che un allievo sviluppi il suono e questo viene attraverso l’articolazione – molti giovani al giorni d’oggi parlano in maniera disarticolata, in ogni lingua – la chiarezza, la dinamica e un’assunzione di responsabilità. Il cercare di fare sì che i ragazzi si ascoltino e che sviluppino un suono potente, che viaggi, attraverso la musica, è un modo molto faticoso di insegnare. E’ bellissimo, è molto meglio della tecnica, dell’elemento fisico, è una strada più lunga, non sai se funzionerà.

Io cerco di cambiare le vite dei miei studenti, come persone e come musicisti e cerco di instillare in loro un amore e l’orgoglio di essere musicisti. Il nostro mondo non è ovunque un bel posto in cui vivere, con conflitti, guerre, in questi ultimi giorni ci sono storie di problemi umanitari, mentre noi abbiamo la fortuna di fare musica. Penso che dobbiamo salvaguardare, proteggere l’arte e l’unico modo che abbiamo per farlo è attraverso le generazioni dei giovani o giovanissimi.

Una parola su Ticino Musica?

E’ la prima volta che ho avuto l’opportunità di partecipare a Ticino Musica e di lavorare con l’arpa insieme altri strumenti. Le condizioni di lavoro qui sono straordinarie, sono molto felice di avere accettato l’invito.

foto judith 4


Questo articolo é stato pubblicato da
Alessandra Aitini