La storia dell’arpa antica –o meglio, delle numerose arpe antiche preesistenti all’arpa a pedali– ha conosciuto un nuovo interesse da parte degli studiosi negli ultimi anni, il che ha permesso di fare emergere un ricco apparato di fonti (strumenti originali conservati nei musei, trattati, spartiti, manoscritti, immagini…). Questo materiale è stato prevalentemente studiato dal punto di vista organologico (studio degli strumenti, del loro nome, rielaborazioni da parte di liutai), tecnico (studio delle tecniche antiche relative a ogni tipo di strumento) e musicale (ne sono testimonianza i numerosi concerti e registrazioni di musiche cosiddette antiche dove è ormai presente l’arpa, oltre che i corsi specializzati nello studio di questi strumenti). In questo lavoro l’attenzione verrà spostata verso un aspetto ancora poco esaminato della storia dell’arpa antica, cioè gli aspetti allegorici che da millenni hanno circondato questo strumento mitico.
Parlare del simbolismo dell’arpa nella pittura sottintende che una buona parte, se non la quasi totalità delle immagini raffiguranti un’arpa o un’arpista, offrono una possibile interpretazione che va aldilà della semplice annotazione e identificazione dei suoi elementi musicali.1
Tenendo come limite cronologico il periodo che va dal Medioevo al Seicento, e concentrandomi sull’Europa continentale, ho individuato alcune tematiche predominanti nell’interpretazione delle immagini raffiguranti un’arpa: la più importanti è senza alcun dubbio quella della figura del Re Davide, e a seguire quella degli angeli musicanti; in ultimo, alcune scene della vita di corte associano lo strumento alla bellezza, all’amore e all’allegoria della Musica.
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Davide, un arpista biblico
Le prime raffigurazioni del Medioevo che rappresentano il Re Davide lo associano all’arpa in qualità di autore dei Salmi. Si tratta in realtà di un’invenzione medievale, legata ad una erronea traduzione della Bibbia, che ha permesso di creare un nuovo tema iconografico e musicale. Le ultime ricerche hanno in effetti dimostrato che l’arpa non sia realmente esistita nel mondo ebraico ma che lo strumento a corde utilizzato per accompagnare danze e canti sacri (kinnor) sia più apparentato alla famiglia delle lire2. Quest’ultimo strumento, scomparso nel Medioevo occidentale è stato poi adattato con diverse varianti di strumenti a corde nel corso dei secoli, privilegiando poi l’arpa come riferimento quasi unico.
A partire del XII secolo, specialmente in Francia, l’incipit dei Salmi, e in particolare modo l’iniziale ‘B’ del primo salmo (“Beatus Vir…”) serve di cornice alla raffigurazione di Davide, incoronato e seduto sul trono mentre suona l’arpa. Si tratta di arpe di piccole dimensioni, appoggiate sopra le gambe, composte da una decina di corde e suonate con una o due mani, senza apparente attenzione alla posizione delle dita sulle corde (Figura 1).
Figura 1, Anonimo, Davide che suona l’arpa, Miniatura, Bréviaire à l’usage de Paris, Châteauroux, Bibliothèque municipale, Ms 2, f.8, ca 1414.
In numerose occorrenze è possibile incontrare miniature raffigurando Davide accompagnato da altri strumenti come salteri, viele o campane. Molto spesso, oltre a dimostrare un intento illustrativo o decorativo per questi strumenti, i disegnatori mettono l’accento sulla loro forma o il numero delle loro corde come elementi simbolici interpretabili secondo la numerologia ebraica e cristiana. La forma stessa dell’arpa, triangolare, ha permesso di creare un nuovo ‘strumento’, raffigurato solo a scopo teologico: l’arpa-Delta, che prende il suo nome dal disegno della lettera greca, mentre il triangolo equilatero rappresenta tradizionalmente la Trinità, o ancora l’occhio di Dio.
Un altro tema iconografico è quello dell’accordatura dell’arpa. Per un’arpista oggi, accordare il proprio strumento significa adeguarsi ad un diapason e soprattutto “mettere d’accordo” tra di loro le diverse corde. E’ proprio su quest’ultimo aspetto che si sono fermati i miniatori medievali. In questo esempio (Figura 2), il Re Davide viene avvicinato dalla colomba dello Spirito Santo, che esce da una nuvola stilizzata mentre accorda il suo strumento con una chiave a forma di trifoglio. Il simbolo del numero 3 viene nuovamente raffigurato con le tre dita che suonano compiendo il segno della benedizione, in un gesto che prefigura Davide come il precursore di Cristo.
Figura 2, Davide che suona l’arpa, Bibbia, Avranches, Bibbia, Bibliothèque Municipale, Ms 3, f., ca 1210-1230.
Nel corso del Quattrocento, la raffigurazione di Davide conferma la presenza dell’arpa come suo attributo principale, anche se essa viene spesso appoggiata a terra per consentirli di pregare. Questa tipologia di immagini è molto frequente nei Libri di Ore, destinati proprio ad accompagnare la preghiera dei fedeli (Figura 3).
Figura 3, Miniatura, Heures à l’usage de Bayeux, Aurillac, Bibliothèque municipale, Ms 2, f. 90, ca 1430-40.
Infine, è molto frequente incontrare rappresentazioni dell’Albero di Jesse, cioè la genealogica di Gesù rivelata in sogno al profeta, nel quale compare appunto Davide accompagnato dalla sua arpa (Figura 4). Nel Quattrocento lo strumento, oltre ad allungarsi grazie all’inserimento delle corde gravi, adotta la sua caratteristica forma appuntita che li ha conferito il nome di “arpa gotica”. Numerosi quadri consentono di rilevare alcuni dettagli dello strumento quali i fori sulla cassa di risonanza e gli arpioni, che permettono di fissare le corde oltre a realizzare un caratteristico “sfrigolio” quando vengono azionati. Questi dettagli riflettono una maggiore attenzione da parte del pittore, che affrancatosi dalla ristrettezza della miniatura, sfrutta la tecnica all’olio su pannelli di grandi dimensioni quali i trittici o le pale d’altare.
Figura 4, Jan Mostaert, L’Albero di Jesse, Amsterdam, Rijksmuseum, ca 1500.
Nel corso dei Cinque e Seicento, Davide viene spesso raffigurato come arpista ispirato dal divino: il Re Davide del Domenichino (Figura 5) suona una splendida arpa a tre file di corde (le due file esterne essendo diatoniche e la fila interna cromatica), così come venivano realizzate e suonate in Italia all’inizio del Seicento. E’ particolarmente interessante anche la decorazione dell’arpa con l’angelo, che ritroviamo su numerosi strumenti dell’epoca come per esempio l’arpa a tre fila di corde conservata al Museo della Musica di Bologna.
Figura 5, Domenichino, Davide che suona l’arpa, Versailles, Palais Royal, ca 1630.
Durante il Seicento vengono frequentemente rielaborati altri passaggi della vita di Davide: alcune rare immagini lo presentano come pastore, accompagnato dalle pecore, o come ballerino, attorniato da musicisti, sacerdoti e animali, senza però perdere il suo attributo principale: lo strumento a corde, ormai inteso come arpa.
Inoltre, nell’Antico Testamento, il Libro di Samuele (I, 16: 14-23) racconta come al Re Saul, afflitto da uno strano male, venne consigliata una cura con la musica. I servitori gli portano il giovane Davide che diventò allora musicista-terapeuta del Re. Riportiamo il passaggio di Samuele nella sua traduzione moderna che utilizza, ancora oggi, il termine ‘arpa’, anche se sappiamo quanto questo termine abbia generato riflessioni e perplessità da parte dei ricercatori: “Or quando il cattivo spirito permesso da Dio veniva su Saul, Davide prendeva l’arpa e si metteva a sonare; Saul si calmava, stava meglio e il cattivo spirito andava via da lui.” Questo passaggio venne rappresentato da Rembrandt (Figura 6) dove si vede Davide ancora adolescente attento a suonare una piccola arpa mentre il Re Saul nasconde il suo viso dietro un telo – o asciuga le sue lacrime – in un gesto che potrebbe denotare la sua commozione.
Figura 6, Harmenszoon van Riij detto Rembrandt, Saul e Davide, L’Aja, Maurithuis, ca 1655-1660.
Un ultimo passaggio di Samuel (I, 19: 8-10) racconta come, in un momento di follia e di gelosia espressa contro i successi di Davide – ha combattuto con successo il gigante filisteo Golia – Saul scagliò la sua lancia contro il giovane arpista. Quest’ultimo lo evitò per due volte, salvandosi la vita. Un’immagine del Guercino (Saul contro Davide, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica, 1646) ci propone una versione molto scenografica di questo passaggio, dove Davide fugge con una piccola arpa semplice sotto il braccio, mentre il re, furibondo, getta la sua arma su di lui. Allo stesso modo, un quadro di Jan De Bray (Davide che suona l’arpa, Collezione Privata), ci propone un Re Davide incoronato e attorniato da musicisti, mentre altri uomini portano i candelabri come per celebrare una processione. Con ogni probabilità, si tratta della processione che accompagna l’Arca dell’Alleanza restituita a Gerusalemme dai Filistei dopo la nomina di Davide come Re. Il Re suona una piccola arpa che sembra reggere al collo grazie ad una scarpa di colore blu. E’ possibile che esistessero, contemporaneamente a magnifici strumenti come quello raffigurato dal Domenichino, delle piccole arpe portative alla fine del Seicento? Questo modello, non potrebbe essere semplicemente il frutto dell’immaginazione del pittore? Il numero delle immagini rilevate potrebbe fare pensare che, accanto alle arpe a due o tre fila di corde, di grandi dimensioni, coabitavano anche arpe più piccole, sul modello delle arpe rinascimentali.
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Gli angeli musicanti
I primi angeli musicisti raffigurati nella pittura occidentale risalgono al Trecento. La loro presenza si focalizza nella pittura religiosa, in particolare nelle scene della Natività, dell’Incoronazione della Vergine o della Vergine col Bambino.
In numerosi casi, gli angeli vengono raffigurati in un ‘coro’ di cantanti e strumentisti, dove compare appunto l’arpa. In questo caso, la rappresentazione di uno strumento, benché di grande qualità e precisione pittorica, non comporta un particolare significato, se non quello di tentare di aggiungere al concerto tutti gli strumenti nella loro varietà organologica e acustica creando un complesso di grande effetto (Figura 7). La tradizione medievale ha concettualizzato l’idea dell’armonia delle sfere, cioè di un’armonia divina del cosmo e dei pianeti, che, regolati da proporzioni numeriche rispecchianti l’ordine divino, realizzano tra di loro una musica mundana (musica dei mondi), inaudibile all’orecchio umano. L’uomo realizza invece la musica humana (vocale, di carattere sacro, che è legata all’armonia degli uomini tra di loro e dell’anima col suo creatore) o instrumentalis (musica strumentale). L’Ascensione del Maestro della Leggenda di Santa Lucia (Figura 7) rappresenta pienamente l’idea di un’armonia celeste (dei colori, delle forme, delle simmetrie) che viene percepita grazie a tanti angeli musicisti (tra i quali si intravedono due arpisti) che sorreggono Maria come Regina del Paradiso.
Figura 7, Maestro della Leggenda di Santa Lucia, Ascensione e Incoronazione della Vergine, Washingtom, National Gallery of Art, ca 1485-1500.
Durante il Rinascimento, l’idea di armonia viene esaltata nella musica sia dal punto di vista puramente compositivo (la polifonia, cioè più linee melodiche eseguite insieme secondo le regole del contrappunto è uno degli stili più caratteristici del Rinascimento) sia dal punto di vista della realizzazione musicale e quindi della rappresentazione delle scene musicali. Numerosi quadri rappresentano musicisti, cantanti, strumentisti, seduti intorno a un tavolo e intenti a fare musica. Queste scene vengono chiamate ‘concerto’ perché raffigurano appunto persone che eseguono musica di concerto, d’accordo, in armonia tra di loro. Quest’aspetto riflette quindi preoccupazioni non solo musicali (ricerca di un’intesa ritmica, timbrica, dell’intonazione giusta…) ma anche filosofiche: in effetti, i concerti musicali rappresenteranno presto forme allegoriche dell’armonia tra le diverse età dell’uomo o tra i membri di una famiglia. I concerti degli angeli come quello raffigurato da Hans Memling (Figura 8) rappresentano quindi una doppia armonia, musicale e teologica, rafforzata dal ritmo pittorico e dall’unità cromatica.
Figura 8, Hans Memling, Angeli musicanti, sportello del Trittico di Nàjera, Anverso, Koninklijk Museum voor Schone Kunsten, ca 1480.
In altri casi, è possibile incontrare scene religiose più intimiste, con quadri di dimensioni più ridotte, spesso riservati ad una devozione privata. Si notano allora piccoli gruppi di angeli strumentisti, a volte semplici duetti che raffigurano con dolcezza l’immediatezza del momento spirituale che viene svelato al fedele. Vediamo nell’Incoronazione della Vergine di Andrea di Bartolo (Figura 9) un liutista e un arpista che guardano attentamente la scena, quasi rapiti dall’importanza e dalla solennità dell’evento.
Figura 9, Andrea di Bartolo, Incoronazione della Vergine, Venezia, Galleria Franchetti, Ca’ d’Oro, ca 1405-1407.
Nei paesi nordici quali Francia e Fiandre, è molto frequente trovare l’abbinamento arpa-liuto, strumento-re durante tutto il Rinascimento. Questi due strumenti sono particolarmente dolci dal punto di vista dell’intensità sonora, caratteristica che li ha inseriti nella categoria degli strumenti ‘bassi’, cioè di basso volume sonoro, insieme ai flauti dolci, alle viele e viole, rispetto agli strumenti ‘alti’, destinati a suonare all’aperto, come le trombe, i tamburi, le bombarde, le cornamuse…. Questi due strumenti hanno inoltre in comune di essere a corde e polifonici, cioè capaci di suonare più suoni insieme, ricreando di nuovo il concetto dell’armonia delle diverse parti (o note) in un insieme (o accordi). Il candore dei visi, la tranquillità dei paesaggi e l’equilibrio della costruzione del Trittico della Vergine col Bambino (Figura 10) vengono abbracciati dai due angeli che suonano così delicatamente le corde eteree del liuto e dell’arpa.
Figura 10, Maître au Feuillage en Broderie, Trittico della Vergine col Bambino, Lille, Palais des Beaux Arts, ca 1450.
Infine, non è raro incontrare angeli musicisti inseriti in raffinati motivi decorativi, sia nelle cornici di eleganti miniature del tardo Medioevo, sia come grotteschi di putti musicisti, nelle Chiese e Ville rinascimentali.
Nel corso del Seicento, questi diversi elementi si combinano per ricreare un universo sonoro ricco e complesso, dove vengono raffigurati putti cantanti insieme a angeli suonatori. Gli abbinamenti strumentali possono alludere ad alcuni generi musicali specificatamente eseguiti in Chiesa, come l’oratorio o la sonata. L’arpa riveste allora il ruolo di accompagnatore degli strumenti melodici come il violino o il cornetto, realizzando insieme al chitarrone e all’organo, il famoso basso continuo, cioè una tecnica di accompagnamento accordale improvvisata secondo le regole dell’armonia su un basso cifrato. Si denota una forma di rappresentazione più legata all’esecuzione della musica vera e propria che a una sua valenza simbolica. E’ interessante sottolineare quanto l’arpa sia presente in numerose di queste formazioni musicali, in particolare in Spagna, dove le sue potenzialità sonore, erano paragonate a quelle dell’organo (Figura 11).
Figura 11, Zurbaran, Adorazione dei Pastori, Grenoble, Musée des Beaux-Arts, 1638.
In questo paese, oltre a numerose composizioni specialmente dedicate allo strumento, avrebbe avuto origine l’idea di posizionare due file di corde incrociate (una diatonica, l’altra cromatica dando il nome di arpa a dos ordenes) al fine di ottenere tutti i suoni delle diverse scale, idea che fu poi, molto probabilmente importata in Italia e più precisamente a Napoli – allora sotto dominio spagnolo – dove l’arpa cromatica conobbe ulteriori modifiche strutturali (arpe a due o tre file di corde paralleli, chiamate arpa doppia, arpa a tre registri) oltre ad un’immensa fortuna musicale. Un famoso quadro del Domenichino (Madonna coi Santi San Giovanni e Petronio, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica, 1629), rappresenta proprio uno di questi strumenti di maniera molto raffinata. Ci ricordiamo che lo stesso pittore ha già avuto modo di raffigurare arpe a tre file di corde (Figura 5, Davide che suona l’arpa, Versailles, Palais Royal), e in altre occasioni, altri strumenti quali viole, violino… Il pittore, oltre ad avere avuto un interesse particolare per la liuteria, era attivo proprio nella città partenopea durante il periodo di massimo splendore dell’arpa napoletana.
I soggetti dove sono presenti gli angeli musicanti spaziano dalla raffigurazione della Natività o dell’Adorazione dei Pastori (Figura 11), alla consueta Vergine col Bambino e i Santi. Tipica della fine del Cinquecento è la rappresentazione di Santa Cecilia, che verrà presto eletta patrona dei musicisti, e per questo, rappresentata cantando e suonando numerosi strumenti, (tra i quali, appunto, anche l’arpa) e accompagnata dagli angeli musicanti come nell’immagine di Jacques Stella (Figura 12) dove s’intravede un’arpa di piccole dimensioni insieme all’organo, al chitarrone, al cornetto, al violino e al canto.
Figura 12, Jacques Stella, Santa Cecilia, Rennes, Musée des Beaux-Arts, XVII secolo.
3. L’arpa, strumento dell’amore
Come segnalato precedentemente, grazie alla dolcezza del suo suono, l’arpa è stata classificata nella categoria degli strumenti “bassi” ed ha quindi trovato, fin dal Medioevo il suo posto ideale nell’interno dei palazzi nobiliari e delle dimore borghesi. Non è raro incontrare un arpista (uomo o donna, la distinzione non era ancora così marcata come lo fu per esempio durante il Settecento) all’interno di un “concerto” con altri strumentisti intenti a fare musica per dilettarsi nei momenti di riposo. L’abbinamento arpa-liuto è frequentemente rappresentata in tutto il Quattrocento e in buona parte del Cinquecento (Figura 13). Vediamo per lo più piccole arpe ‘gotiche’, con una fila di corde. La posizione delle due mani sulle corde significata senz’altro la realizzazione di più note insieme, sotto forme accordali o polifoniche. Il repertorio per arpa sola è ancora poco sviluppato nel primo Rinascimento, ma con la presenza del liuto, possiamo supporre che buona parte del suo repertorio (toccate, danze, contrappunti, duetti…) poteva anche essere realizzato all’arpa.
Figura 13, Israhel van Meckenem, Suonatori di arpa e di liuto, Washington, National Gallery of Art, ca 1490.
La presenza di cantanti intorno all’arpa e al liuto fa invece pensare alla realizzazione di un repertorio vocale profano, come i madrigali. Molto frequentemente, nelle raffigurazioni del Trecento e del Quattrocento, l’arpa accompagna la danza di corte, eseguita nei giardini e cortili dei palazzi. In quest’immagine di Niccolò dell’Abate (Figura 14) sono presenti un’arpista, un liutista e un flautista, che accompagnano tre giovani cantanti. Il contesto, chiaramente nobiliare (l’affresco è inserito in un vasto complesso di scene di corte presso il Palazzo Poggi di Bologna) ricorda quanto la musica e le arti facevano parte dei passatempi e soprattutto dell’educazione dei gentiluomini e gentildonne di un tempo, secondo un’etiquette molto raffinata e codificata in particolare nel Libro del Cortiginano di Baldasar Castiglione (Venezia, Manuzio, 1528)
Figura 14, Niccolò dell’Abate, Concerto, Bologna, Affresco del Palazzo Poggi, ca 1550.
Durante la fine del Medioevo e l’inizio del Rinascimento, il giardino diventa il luogo simbolico per eccellenza dell’incontro amoroso, della ricreazione, del piacere dei sensi. Numerosi sono i quadri o gli arazzi che hanno come tematica i Cinque Sensi, tra i quali figura l’udito rappresentato da uccelli o da strumenti musicali quali l’arpa. Inoltre, il giardino medievale, concepito come un piccolo luogo segreto, chiuso (prende allora il nome di Hortus conclusus, ispirato dal biblico Cantico dei Cantici e riferito in primo luogo alla Vergine e al Paradiso e in seguito al paradiso terrestre), diventa il teatro perfetto dell’amore cortese, cioè della raffinata conquista dell’amata grazie ad un codice preciso dove la poesia, la musica e l’arte hanno una posizione di rilievo. Numerosi sono i quadri rinascimentali dove vengono raffigurati i “Figli di Venere”, cioè uomini che, nati sotto i segni influenzati dal pianeta dell’amore come la Bilancia e il Toro, s’incontrano in un giardino per fare musica.
Tra i più famosi trovatori francesi ricordiamo il leggendario Bretone Tristano, che cantò versi per Isotta accompagnandosi con l’arpa. Sono innumerevoli le miniature (inserite nei romanzi di leggende arturiana quali Le roman de Tristan e Tristan en prose, diverse fonti) che rappresentano i due amanti intenti ad conversare mentre Tristano suona questo strumento, il quale diventa allora l’attributo di un amore perfetto, eterno ed impossibile. Le corde simboleggiano i fili immaginari che uniscono i due cuori, malgrado la distanza o l’assenza della donna.
Hieronimus Bosch ha esasperato la caratteristica soave e dolce dell’arpa legata all’immaginario amoroso, spesso illegittimo. Nelle Fiandre moraliste del Quattrocento lo strumento diventa simbolo del peccato e di tutti gli eccessi, al quale vengono associati mostri immaginari, scene apocalittiche rappresentando con sarcasmo alcuni membri del potere civile e religioso di una società corrotta e rovinata dai piaceri terrestri. L’arpa cade dal Paradiso nell’Inferno, associato alle peggiori attitudini dell’uomo (come per esempio I sette peccati capitali, L’ultimo giudizio o Il giardino delle Delizie). Nei Sette peccati capitali (Figura 15), l’arpa viene collegata alla Lussuria: nel consueto giardino d’amore, addobbato per l’occasione con una tenda di color rosso, si dilettano due coppie, attorniate da vino, cibi e musica, mentre un uomo picchia un’irriverente matto vestito di bianco – figura della satira e del contro-potere per eccellenza. Quest’aspetto più negativo dello strumento viene poi rielaborato nel Seicento nordico nei quadri di vanitas che esprimono con forza la brevità della vita e la caducità dei piaceri terrestri, come appunto la musica.
Figura 15, Hieronimus Bosch, I sette peccati capitali, La lussuria, Madrid, Museo del Prado, ca 1480.
Per concludere questo piccolo excursus, citerei un’immagine molto ben conosciuta agli studiosi dell’arpa barocca: si tratta dell’Allegoria della Musica di Lanfranco (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica, Palazzo Barberini, ca 1630). L’Allegoria della Musica, o Donna Musica nel Medioevo era la personificazione della disciplina facente parte del Quadrivium, cioè delle materie matematiche come l’aritmetica, la geometria, l’astronomia e appunto la musica. Nella fine del Quattrocento, la musica pur sempre studiata come un’arte liberale, viene considerata non più solo governata dalla legge dell’armonia ma anche dalla bellezza dei suoni. In questo quadro, la Musica diventa una Venere, intenta a svelare una nudità allegorica e sensuale allo stesso tempo, cantando e suonando un’arpa di grandi dimensioni di cui il modello è senza alcun dubbio l’arpa detta Barberini, oggi conservata al Museo degli strumenti musicali di Roma. E’ probabile che dietro questa figura allegorica sia dipinta una cantante arpista che era presente alla corte dei Cardinali Barberini negli anni della realizzazione del quadro. E’ stato dimostrato che sia l’arpa, sia il quadro siano appartenuti a Marco Marazzuoli, (Parma 1602 ? – Roma 1662) famoso virtuoso e compositore per arpa, la cui figlia, cantante e arpista, potrebbe essere stata il modello per la nostra Venere.
Sono tanti i quadri dove l’arpa può svelarci elementi preziosi per la comprensione del suo ruolo nelle civiltà passate. Alcuni aspetti che non sono stati trattati in questo saggio come per esempio le tematiche di Santa Cecilia, delle sirene, delle muse, dell’Allegoria della Musica dell’asino musicista…alludono sempre alla doppia valenza dello strumento: come le sue corde, tese verticalmente, l’arpa ci appare sospesa tra cielo e terra.
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Marianne Gubri
Arpista e musicologa
Fin dalla giovanissima età si dedica allostudio dell’arpa celtica in Bretagna studiando con Anne Morgant e conseguendo nel 1997 il Diploma del Conservatorio di Lannion (Francia). Si è contemporaneamente specializzata in arpa celtica antica a corde metalliche con Violaine Mayor e Katrien Delavier effettuando nel 1996 la sua prima tournée di musiche celtiche in Bretagna. In seguito, ha studiato l’arpa medievale rinascimentale e barocca a Parigi (Centre de Musique Medievale), a Tours (Conservatoire National de Région) con Marion Fourquier, a Neuburg an Der Donau con Christina Pluhar e a Verona (Conservatorio Dall’Abaco) con Mara Galassi e Loredana Gintoli insieme al canto con Noémi Rime (Tours) e Andreana Galante (Venezia). Ottiene nel 2002 il Diploma in Arpa Antica al Conservatorio di Tours e il Diplôme d’Etudes Approfondies in Musicologia presso l’Università F. Rabelais di Tours (Centre d’Etudes Supérieures de la Renaissance). Nel 2002 ottiene una Borsa di studio dal Ministero degli Affari Esteri per svolgere corso di Dottorato di Ricerca in Musicologia in co-tutela Francia – Italia (Université de Tours – Università di Bologna) sulle cantatrici italiane tra Rinascimento e periodo barocco.
Come musicologa, interviene a numerosi congressi e conferenze nel campo dell’iconografia musicale. E’ autrice di una mostra iconografica sulle cantanti italiane dal 1500 al 1600.
Dal 2004 al 2008 collabora con il Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna. Dal 2006 al 2008, è docente di arpa rinascimentale al Conservatorio di Ferrara.
Nel 2008 crea l’Associazione Culturale Arpeggi, il cui scopo è la conoscenza e lo studio dell’arpa attraverso la ricerca, l’organizzazione di concerti e la didattica; è fondatrice e direttrice della Scuola di Arpa Arpeggi di Bologna dove insegna l’arpa celtica, medievale, rinascimentale e barocca a bambini e adulti.
Si esibisce in numerosi concerti e tournées internazionali in Francia, (Simiane La Rotonde, Festival Les très riches heures musicales de la Rotonde, Versailles, Chapelle Royale, Parigi Eglise des Billettes, Boulogne Billancourt, Teatro, Poitiers, “Festival Colla Voce”, Royan, Bretagna…), Spagna (Tournée sul Cammino di Santiago di Compostella), Messico (Città del Messico, Festival de Musica Antigua), Olanda (Utrecht, Festival di Musica antica), Portogallo (Loulé (Portogallo), Festival di Musica Antica), Italia (Venezia, Fondazione Querini-Stampalia, Genova, Teatro Carlo Felice, Oratorio San Filippo Neri, Assisi, Festival di San Biagio, Perugia, Sassari, Oristano, Cagliari, Ferrara, Festival internazionale di Musica Rinascimentale, Bologna, Oratorio San Rocco, Oratorio San Filippo Neri) da solista, in duo o con diversi ensembles specializzati in musica tradizionale, celtica, e antica (Ensemble Doulce Mémoire, Ensemble F. Caccini, Ensemble Médicis Consort, Il Concento ecclesiastico, Ensemble G. Frescobaldi…)
Conferenze:
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“I suoni dell’arpa: l’arpa celtica”, Bologna, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, aprile 2006
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“I suoni dell’arpa: l’arpa antica”, Bologna, Museo Internazionale e Biblioteca della Musica, maggio 2006
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in preparazione: “Elisabetta Sirani e l’Allegoria della Musica, una pittrice che «ebbe in don dalle muse l’arpa e il canto»”.
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“Autoritratti di donne allo strumento: pittrici e musica tra Cinque e Seicento”, International Conference, Musical Iconography in the XXI Century, Mapping European Art for Context and Meaning, Ravenna, Dipartimento di Storie e metodi per la Conservazione dei Beni Culturali, giugno 2006
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“Images de femmes en musique dans l’Italie baroque”: conferenza introduttiva alla Mostra Iconografica, Olivet, Bibliothèque municipale, gennaio 2005
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“Figure di donne colte sul palcoscenico: attrici e cantanti nell’immaginario del Cinque e Seicento”, Giornate di Studio, Le immagini della musica, Ravenna, Dipartimento di Storie e Metodi per la Conservazione dei Beni culturali, ottobre 2004
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“Di celeste Sirena odo il concento: encomi seicenteschi rivolti alle cantanti”, Settimo colloquio di Musicologia del Saggiatore Musicale, Bologna, Dipartimento Musica e Spettacolo, novembre 2003
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“La représentation des chanteuses italiennes entre XVI et XVII siècle: traduction et interprétation des sources littéraires italiennes en Français”, L’influence de la traduction dans une œuvre vocale, Tours, Université F. Rabelais, febbraio 2003
1Quasi l’intera produzione artistica dal Medio Evo al Seicento prevede che l’immagine non sia una semplice ‘fotografia’ della realtà ma una rielaborazione di essa secondo alcuni codici precisi che possono variare secondo il periodo e il luogo presi in considerazione. Un’immagine con elementi molto realistici può avere più livelli di interpretazione, come per esempio la raffigurazione di un concetto filosofico o religioso, e non solo quella di una scena sociale. Alcuni elementi bizzarri, come strumenti immaginari o situazioni musicali improbabili devono ricordare al lettore che buona parte dei pittori non aveva l’opportunità di dipingere uno strumentista dal vivo ma si serviva di copie, di cartoni o della sua memoria, quando non l’inventava del tutto. La ricerca in iconografia musicale ha evidenziato alcuni punti che considero importanti per questo piccolo studio: in particolare, l’importanza della chiara identificazione del soggetto principale dell’opera, che definirà un contesto nel quale leggere l’immagine, l’identificazione dell’oggetto musicale rispetto al contesto storico e geografico, la conoscenza delle tematiche iconografiche del periodo in questione, del linguaggio simbolico e dell’interpretazione delle immagini.
2 Questa attualizzazione non è del resto unica nel periodo medievale se pensiamo per esempio che un simile errore di interpretazione ha affermato che durante il suo martirio Santa Cecilia fosse accompagnata da canti e da strumenti (in particolare l’organo), mentre in realtà i riferimenti musicali non sono presenti nel testo originale. Allo stesso modo, il mitico Orfeo, suonatore della lira nel mondo greco, ha visto il suo strumento trasformarsi in ‘lira da braccio’ nel corso del Quattrocento, facendo di uno strumento di origini popolari simile alla viela il simbolo del pastore antico e presto dei poeti rinascimentali.