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Pierre Jamet : “Memorie di Claude Debussy” (a cura di Gabriella Dall’Olio)

pierre jamet

Pierre Jamet (1893-1991) 

Nel 1917, durante la prima guerra mondiale, Albert Manouvrier (flauto), Sigismond Jarecki (Viola) e
il sottoscritto, iniziammo a lavorare nella sonata per flauto, viola e arpa composta da Claude
Debussy l’anno precedente, la seconda di sei sonate che Debussy decise di scrivere per strumenti
diversi. Solo tre furono finite e pubblicate: la prima per violoncello e pianoforte; la seconda per
flauto, viola e arpa e la terza per violino e pianoforte.
Le restanti tre non videro mai la nascita: Debussy morì in Marzo 1918 senza poterle scrivere.
Sarebbero state per oboe, pianoforte, e altri strumenti.
Dopo mesi di lavoro, avevo fatto la conoscenza dell’eminente critico Jean Aubry, autore di opere
sulla musica contemporanea, e grande amico de Claude Debussy. Egli propose di suonare la
Sonata davanti a Debussy, che tanto desiderava ascoltarla sull’arpa Erard, poiché aveva solo
ascoltato una esecuzione alle Edizioni Durand, con lo stesso flautista Albert Manouvrier, il violista
Darius Milhaud, e l’arpista cromatica Suzanne Dallies.
Così organizzammo, con l’aiuto di Jean Aubry, un appuntamento al domicilio del maestro, 80
Avenue du Bois de Boulogne; potete immaginare l’emozione.
Debussy, conosciuto per la sua natura riservata, ci ascoltò senza dire una parola, e poi ci chiese
se potevamo risuonare dall’inizio. Ci diede, durante la seconda esecuzione, suggerimenti sui tempi
che voleva, e consideró a lungo il suono dell’arpa all’inizio del Finale. Voleva un effetto di
tamburino (tabor) e discusse tutte le possibilità diverse di suonare il passaggio.
Era incantato di scoprire che usare enarmonie risolveva il problema in modo diverso dall’arpa
cromatica, dove lo stesso effetto non sarebbe stato possibile.
Più tardi, in presenza di Madame Debussy, a Claude Debussy, sorridente, ci chiese se volevamo
suonare la Sonata in uno dei concerti che avrebbe organizzato il mese successivo per l’opera di
beneficenza ‘I Vestiti dei Feriti’ (era il tempo della prima guerra mondiale NdT) nel foyer del
Ristorante Laurent, sui Champs Elysées. Il concerto ebbe luogo il 20 Marzo 1917, con la cantante
Rose Fėart dell’Opera accompagnata da Debussy al pianoforte, e il pianista Walter Hummel.
Era la prima esecuzione della Sonata su arpa Erard in presenza di Claude Debussy.
Questo concerto è una memoria preziosa. Delineò per me l’inizio di una grande carriera, perché
alcune settimane dopo Debussy mi chiese di suonare le Danses per arpa, accompagnate da egli
stesso al pianoforte. Durante le prove appresi così tanto: cosa esprime questa musica, e come
suonarla.
Poiché ho avuto il privilegio di lavorare questo capolavoro con il maestro in persona al pianoforte,
vorrei dire a tutti coloro che leggeranno questa mia (e per dare fine a infinite incertezze) che
Debussy non voleva assolutamente gli accordi iniziali fermi (plaquė): voleva il peso della linea
melodica nella mano sinistra e considerava la mano destra, arpeggiata molto leggermente (brisė),
come essere il riflesso della sinistra. Questo effetto (e modo di suonare, NdT) rappresenta la
sonorità detta ‘impressionismo debussysta’, che evita ogni secchezza di attacco.
Debussy mi disse una cosa che non ho mai dimenticato: “riconosco come vero artista chi sa
suonare piano”.

Claude_Debussy_ca_1908,_foto_av_Félix_NadarClaude Debussy nel 1908

Fu alcuni anni dopo, in 1922, che si formò il Quintetto Strumentale di Parigi con Rene Leroy
(flauto), che aveva suonato la Sonata di Debussy con Pierre Grout (viola) e Marcel Grandjany
(arpa). Dopo un concerto, Renė Leroy ebbe l’idea di aggiungere un violino ed un violoncello agli
altri tre strumenti. Avevamo sperimentato le sonorità di unire strumenti a corda con il flauto che la Sonata di Debussy aggiunse alla musica da camera: l’alleanza tra flauto e arpa era già un successo, e così fu il trio; il
quintetto avrebbe portato nuove sonorità sconosciute fino ad allora.
Questo insieme non aveva ancora un proprio repertorio tranne la sonata e alcune opere minore
scritte e poi abbandonate. Ma nel 1923 Joseph Jongen, a capo della scuola belga, scrisse un
meraviglioso ‘Concert à Cinq’, dedicato al quintetto di Parigi.
Claude Debussy è stato il precursore di questa nuova formula scrivendo la Sonata che rimane un
gioiello della musica francese contemporanea. Debussy aveva già scritto le Danses per arpa e
orchestra che è spesso eseguita – secondo me a torto – con un quintetto ad archi, che risulta
incompleta perché i violini sono divisi.
Anche Ravel aveva pensato all’arpa con il suo magnifico Introduction ed Allegro che è comunque
un lavoro da camera e non dovrebbe, secondo me, essere eseguito da un doppio o triplo quartetto
d’archi perché il risultato è pesante e (gli archi, NdT) coprono spesso il suono dell’arpa.
La vera formula del quintetto è quella di musica da camera come la ha compresa Albert Roussel,
con la magnifica Sérénade composta in 1925, di cui il movimento lento rimane una delle pagine più
emozionanti di tutte le sue opere. Roussel è forse colui che comprese a fondo le risorse che il
quintetto introduceva, diverse dal quartetto classico in colore e timbro.
Voglio ricordare anche la ‘Suite En Rocaille’ di Florent Schmitt, un’opera estremamente ricca in
colori e ritmi e dove troviamo uno Schmitt amabile.
Gabriel Pierné fu uno dei primi ad interessarsi a questa nuova formula e scrisse ‘Variations Libres
et Final’, ed alcuni anni dopo, ‘Voyage au Pays du Tendre’. Vincent D’Indy scrisse in 1925 una
suite composta di quattro tempi. Poi Guy Ropartz nel 1928 ci dedicò ‘Prelude, Marina et Chanson’;
André Jolivet ‘Le Chant de Linos’; Jean Francaix un quintetto grazioso e Charles Kochlin due
opere: ‘Primavera’, e ‘Deuxieme Quintet’. Tutte queste opere. furono dedicate al quintetto e
lavorammo con i compositori.
Con le commissioni e esecuzioni di queste opere meravigliose l’arpa è entrata nel dominio della
musica pura con un ruolo prominente, e un grande passo fu compiuto. Non solo in Francia ma in
tutto il mondo giovani artisti e giovani musicisti continuano la tradizione e decidono di tuffarsi in
una carriera in musica da camera: molto difficile ma anche molto edificante.
Pierre Jamet
-Articolo ripubblicato in ‘Association Internationale des Harpistes’ nel 1985 (credo che fossa già stato
pubblicato negli anni 60, subito dopo la fondazione, NdT).
Tradotto da Gabriella Dall’Olio con il gentile permesso del Presidente di AIH per UKHA in
Inglese nel 2010, e ora in Italiano per l’Associazione Italiana dell’Arpa.

Gabriella Dall'Olio lrg web
Gabriella Dall’Olio ha studiato con Pierre Jamet all’ Académie Internationale d’Eté a Gargilesse,
Francia. Vive a Londra dove è Head of Harp a Trinity Laban Conservatoire of Music and Dance.
Sarà anche docente di Arpa alla Académie Internationale d’Eté A Gargilesse, Francia, dal 8 al 23
Agosto 2015. Gabriharp@gmail.com

L’Associazione Italiana dell’Arpa ringrazia Gabriella Dall’Olio.


Questo articolo é stato pubblicato da
Redazione Redazione di IN CHORDIS, la rivista online dell'Associazione Italiana dell'Arpa.