Discografia / Storia dell'arpa

Maestri del Novecento italiano

di  ALICE  TALIGNANI

Omaggi all’arpa:  Alfredo Casella e Luigi Perrachio

«Caro Maestro,/ avere qui sotto gli occhi e sul leggio della mia arpa il Suo prezioso manoscritto è per me una grande emozione. Come Le disse Guido troppo mi mancava il Suo nome fra non pochi compositori che mi hanno dedicato le loro opere ed hanno avuto fiducia nella mia interpretazione.» Così scriveva, in una lettera a Malipiero datata 9 ottobre 1968, Clelia Gatti Aldrovandi, musa ispiratrice di un’intera generazione di musicisti: compositori come Tommasini,Pizzetti,Casella, Perrachio,Hindemith, Mortari, Rota, Vlad, per citarne solo alcuni, furono da lei incoraggiati a cimentarsi nella composizione per arpa e a riporre nelle sue mani l’interpretazione delle loro opere. Come si evince dalla stessa lettera scritta a Malipiero (il quale non riuscì tuttavia ad andare oltre le sette battute inviatele, dichiarandosi sconfitto nel suo tentativo di scrivere un concerto per arpa), Clelia era solita discutere assieme ai compositori le eventuali incertezze tecniche riscontrate nel processo creativo./…/

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Clelia Gatti Aldrovandi

Buona parte della vita di Clelia Gatti Aldrovandi  fu legata alla città di Torino, città che, musicalmente, fu nel primo Novecento tra le più prolifiche e dinamiche d’Italia. Questa stessa città diede i natali, nel 1883, ad Alfredo Casella e a Luigi Perrachio, due personalità caratterialmente antitetiche ma artisticamente affini. Entrambi furono protagonisti del processo di rinnovamento e di apertura del panorama musicale novecentesco italiano, processo che caratterizzò la cosiddetta ‘generazione dell’Ottanta /…/

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Alfredo Casella

Figlio di musicisti, Alfredo Casella (Torino 1883-1947 Roma) entrò in contatto fin dall’ infanzia con i primi venti di rinnovamento della musica non operistica italiana, grazie soprattutto alla frequentazione domestica di Giuseppe Martucci. Fu lo stesso Martucci ad incoraggiare i genitori a fargli completare gli studi pianistici al Conservatorio di Parigi, dove il giovane Casella ebbe inoltre occasione di seguire le lezioni di composizione di Fauré e di stringere forti legami di amicizia con Enescu e con Ravel/…/

Elementi di Neoclassicismo si riscontrano nell’unico omaggio che Casella porse all’arpa a pedali: la Sonata op. 68. Composta a Roma nel 1943 durante l’occupazione nazista, fu dedicata a Clelia Gatti Aldrovandi, che la eseguì in prima assoluta a Roma il 10 febbraio 1945, nell’ambito della rassegna di concerti Musica Viva tenutasi a Palazzo Barberini. La Sonata presenta un grado estremamente elevato di difficoltà, dovuto sia alla velocità esecutiva richiesta, sia alla scrittura contrappuntistica, che in questo caso risulta ancora più complessa per l’insistenza di veloci fraseggi nel registro basso. /…/

Sebbene la Sonata sia l’unica composizione di Casella destinata espressamente all’arpa a pedali, esistono due sue composizioni pensate per un altro tipo di arpa, molto in voga all’inizio del Novecento, che era stata lanciata nel 1865 da Gustave Lyon: l’arpa cromatica. /…/

Mentre di Casella ci restano moltissime composizioni e persino un’autobiografia, nonché saggistica e scritti di critica musicale, molto meno resta della produzione di Luigi Perrachio(Torino 1883-1966 Torino). Così lo ritrae Guido M. Gatti: « Il musicista di cui si vuol parlare non lo conoscerà la maggior parte dei lettori. E neppure il suo nome gli sarà apparso a caratteri di scatola sulle cantonate sotto un ben congegnato titolo d’opera o sulle copertine a fregi liberty dei pezzi per signorine. Orbene: in coscienza io debbo dirvi che a scapitarne di più siete stati proprio voi, o lettori: e che se questo profilo alla svelta vi persuaderà ad accostarvi a qualcuna delle sue composizioni, me ne sarete grati./…/ ».

Nonostante fosse stato professore di pianoforte e successivamente di composizione al Liceo Musicale di Torino, la sua estrema modestia lo portò a non pubblicare che una minima parte delle sue creazioni. Amico di Casella e di Gatti, si adoperò anch’egli per inserire la musica contemporanea nella programmazione concertistica, sia attraverso il Doppio Quintetto di Torino, di cui fu direttore dal 1920 al 1924, sia con l’attività di pianista. All’arpista del Quintetto, Clelia Aldrovandi, egli dedicò la Sonata popolaresca e i Tre pezzi.

La Sonata popolaresca avrebbe dovuto fare parte di una raccolta di cinque Sonate popolaresche italiane per vari organici. Significativa è l’analogia con la raccolta delle Six Sonates per vari strumenti di Debussy: la grande ammirazione di Perrachio nei confronti del Maestro francese si palesa non solo con gli omaggi che qua e là si ritrovano nelle sue composizioni, ma anche nei vari saggi che gli dedicò. Come nel caso della raccolta di Debussy, rimasta interrotta alla morte dell’autore, anche quella di Perrachio, sebbene per motivi di altro genere, pare non essere stata completata. Solamente due delle cinque Sonate infatti sono state rinvenute: una per violino e pianoforte, pervenuta in copia manoscritta e collocabile nell’anno 1926 (2a Sonata); una per arpa, designata come 1a Sonata e pertanto composta prima del 1926, la quale fu l’unica ad essere pubblicata (1928) e a raggiungere una ragguardevole notorietà. È stata rinvenuta anche una terza sonata per violino, viola, violoncello, che però non è ancora ascrivibile con sicurezza al ciclo delle cinque Sonate popolaresche italiane./…/

La Sonata per arpa è costituita da tre movimenti basati ciascuno su motivi popolari di diverse regioni italiane, ma ben noti anche al di fuori dell’area di origine. Il primo movimento, Allegro moderato, è costruito sul tema della canzone friulana Balis tu, Pieri?. Il secondo, Larghetto, si basa invece sulla canzone napoletana Fenesta cha lucive, mentre nel terzo, Allegro vivo e ben ritmato, risuona il motivo di una canzone a ballo della Sardegna (dalla raccolta di Giulio Fara, Canti di Sardegna). I temi popolari, pur trattati con impressionistica raffinatezza, mantengono intatti la riconoscibilità e il carattere./…/

I Tre pezzi per arpa (1926) si rifanno alla tradizione rinascimentale italiana: due danze, una Gagliarda e un Passemezzo, incorniciano un’aria Romanesca. Si tratta di forme musicali in voga nel XVI e nel XVII secolo: la gagliarda era una danza di corte vigorosa, in tempo ternario, associata alla pavana, danza pacata e solenne. La romanesca (il cui nome sembra suggerire una connessione con Roma, sebbene i primi esempi si trovino in fonti non italiane)era invece una formula melodico-armonica usata come aria per cantare poesia e come modello per le variazioni strumentali. Anche lo schema musicale del passemezzo (o passamezzo), molto simile a quello della romanesca (soprattutto nella sua versione più antica), veniva spesso usato per le variazioni strumentali. Si tratta in questo caso di una danza in tempo binario, il cui nome deriva probabilmente dal passo base che la caratterizza, cioè “un passo e mezzo”.

/…/La pastorale al ruscello ha tutt’altro che carattere polemico o bellicoso. Con questo pezzo Perrachio sembra piuttosto rifugiarsi in un’oasi di pace, un luogo lontano nel tempo, come suggerisce il titolo del trittico, e non contaminato dal frastuono della politica e della vita cittadina. Quasi un ritorno nostalgico ai giorni della giovinezza, in cui poteva trascorrere ore ed ore immerso nella natura: « Quest’uomo ama la natura con un affetto prepotente irrefrenabile […]. Egli ha vissuto molto della sua giovinezza nella campagna: in quella verde e solatia campagna piemontese, che a chi sa comprenderla rivela tanti tesori di bontà e di poesia. Io so di un luogo silenzioso, folto di lecci e di castagni, lontano da ogni vita mondana, in cui Perrachio ha veramente vissuto le sue ore più belle […]» (Gatti).

Pian piano il sogno svanisce e il compositore sembra non ricordarne la fine, lasciando tre alternative per le ultime due battute del brano.La nostra interprete sceglie la prima: così, nel suo sogno, il mormorio del ruscello sfuma in un glissando e si tace sussurrando un ultimo accordo.

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“Nata a Parma Alessandra Ziveri si è diplomata presso il Conservatorio di Musica G.Nicolini di Piacenza sotto la guida della Prof.ssa Annamaria Restani, nello stesso anno ha ottenuto il Diploma di Merito come miglior arpista e il Diploma di Merito come miglior allieva del corso di Storia ed Estetica Musicale. Ha conseguito con il massimo dei voti presso il Conservatorio di Parma sia la Laurea di Secondo Livello di Arpa che di Musica da Camera, sotto la guida di Emanuela Degli Esposti e Pierpaolo Maurizzi. Ha partecipato a numerosi Concorsi di Interpretazione Musicale Nazionali ed Internazionali riportando sempre ottimi risultati e Primi Premi Assoluti. Ha inciso con il Duo di Arpe Alchimia il CD Parafrasi Verdiane (Ed. Tactus, Bologna, 2013)  il CD “Grovigli” con musiche di F.Petrini, M.Tournier, G.Gershwin, B.Andres ed altri autori sempre in duo di arpe; nel 2007 il Cd intitolato “Tra cieli d’Irlanda e Nuvole di Scozia” interamente incentrato sul repertorio celtico, irlandese e scozzese in duo arpa e flauto. La sua attività si concentra su concerti solistici sia con arpa classica che celtica, in diverse formazioni cameristiche ed orchestrali ed è insegnante di arpa e discipline musicali in diverse scuole di Reggio Emilia e provincia.Ha preso parte nelle giurie del “Quinto Concorso Internazionale d’Arpa” svoltosi a Saluzzo, alla nona edizione del  concorso “E Lucevan le Stelle” organizzato da Parma Lirica e al “Concorso Nazionale Musicale Città di Guastalla”.

Questo articolo é stato pubblicato da
Redazione Redazione di IN CHORDIS, la rivista online dell'Associazione Italiana dell'Arpa.