Arpa celtica

L’ insegnamento dell’arpa celtica in Inghilterra

 L’INSEGNAMENTO DELL’ARPA CELTICA IN INGHILTERRA

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Ho scoperto l’arpa per caso, all’età avanzata di 35 anni. Cantavo a Genova in un gruppo di musica moderna ispirata alla tradizione celtica, e capitò vicino a me un’arpista che suonava la celtica in modo mirabile: Laura Papeschi. Mentre cantavo, sentivo cascate di note talmente soavi che mi perdevo; era uno strumento che davvero mi rapiva. Mi sono incuriosita e osservandola bene, quest’arpa, ho notato che alla fine non era particolarmente complicata da capire; si vedevano a colpo d’occhio la sistemazione delle ottave e il modo di alzare le note di mezzo tono. È stato amore al primo incontro, “love at first sight”, come diciamo noi Inglesi, e in quattro e quattr’otto, mi sono affittata uno strumento per cominciare a studiarlo.

I progressi sono stati veloci e mi sono comprata la stessa clarsach di Laura. Dopo tanti giri per trovare un insegnante (per forza un insegnante di arpa classica, e già questa fu un’impresa durata 18 mesi!), finalmente l’arpista Caterina Bergo si trasferì miracolosamente da Rovigo a Sanremo, a pochi chilometri da casa mia! Ho così cominciato a studiare seriamente. La Bergo è un’insegnante meravigliosa, una persona squisita, ma mentre mi spingeva a nuovi traguardi di tecnica e repertorio, ci siamo imbattute in un problema veramente difficile da risolvere.

Mi ha spiegato, con rammarico, che per poter continuare a fare progressi e arrivare ad un livello riconosciuto da un conservatorio, avrei dovuto comprarmi un’arpa a pedali ed imparare il repertorio classico. Ciò mi pose problemi insormontabili, prima di tutto a livello finanziario (la reazione del mio compagno all’idea di comprare un arpa a pedali a 40 anni fu: “E io mi voglio comprare una Ferrari!”), ma anche a livello artistico, perché, con tutto il rispetto per la musica classica, il repertorio che interessa a me è quello celtico.

Il sistema formativo dell’arpa in Italia al giorno d’oggi costringe gli arpisti a seguire un solo percorso musicale. Si deve imparare un repertorio fondamentalmente classico e si deve imparare a suonare un solo tipo di strumento: l’arpa a pedali. Per uno studente che vuole seguire un percorso celtico significa praticamente abbandonare sia lo strumento che il repertorio in cui è nata la sua passione, per anni, con la speranza di tornarci quando l’esperienza conservatoriale sarà compiuta. Ma in altri paesi, gli studenti di arpa celtica sono costretti a fare questo sacrificio?

La risposta è decisamente no! E vi propongo l’esempio dell’Inghilterra, dove ho studiato il pianoforte da giovane.

L’Associated Board, l’associazione che tutela l’insegnamento della musica in Gran Bretagna, pubblica un programma ben definito che gli insegnanti di tutti gli strumenti, inclusa la voce, devono seguire. Dal primo anno in cui un bambino o una bambina comincia a fare lezioni di musica, ogni anno si devono superare due esami, uno di solfeggio scritto e uno di tecnica musicale, per continuare fino al successivo traguardo. L’Associated Board prevede otto livelli o ‘grades’, con un esame scritto e un esame suonato per ogni ‘grade’, che idealmente dovrebbero essere stati tutti superati all’età di 18 anni, quando uno studente potrà allora presentarsi all’università specializzata (l’esempio più famoso è il Royal College of Music), per iscriversi al corso di laurea nello strumento da lui studiato. Ogni esame di tecnica prevede un test di esercizi, seguito da tre brani scelti da una lista pubblicata dall’Associated Board.

Nella sua grande civiltà, l’Associated Board prevede due percorsi: un percorso per arpa a pedali e un percorso per arpa celtica. Tutti e due i percorsi culminano in un ottavo esame che, se superato, offre accesso alla Laurea.

Nei primi esami fino a quasi il quarto ‘grade’ non risultano grandi differenze di repertorio tra i due strumenti. Poi, man mano, la lista dei brani eseguibili all’esame diventa più specifico. Per esempio, nell’attuale programma pubblicato per arpa, sia arpe a pedali che arpe celtiche possono eseguire Reverie n. 1 di Grandjany per l’esame del secondo ‘grade’, che probabilmente sarà affrontato da ragazzi di 10 anni. Tutti gli arpisti, a quel livello, possono eseguire gli esercizi del Pozzoli indicati all’esame. Al contrario, quando si arriva al sesto ‘grade’, solo gli arpisti di arpa a pedali possono eseguire l’Interlude n. 7 di Benjamin Britten, mentre solo arpisti celtici possono eseguire la Danza de Luzma (versione avanzata) di Alfredo Rolando Ortiz. Tutti gli arpisti, invece, possono portare all’esame di sesto “grade” l’Etude in Do, Op. 45 n. 1 di Heller. E così via.

Sia gli strumentisti a pedali che quelli celtici hanno una scelta di repertorio che attinge da fonti classiche fino al moderno, anche se nei livelli più alti si nota che l’arpa celtica si appoggia maggiormente ad un repertorio moderno. All’ottavo grade gli arpisti a pedali hanno la scelta di brani scritti da Hasselmans, Roussel, Bach, Rota, Respighi, Handel, Scarlatti, ecc., mentre gli arpisti celtici possono scegliere Haendel, Shaljean, O’Farrell, Gough, Perrett, McNulty, Snell e Springthorpe. I quattro brani che possono essere eseguiti sia da uno che dall’altro strumento sono di Beethoven, Shaljean, Ortiz e Handel (“The Harmonious Blacksmith”, arrangiamento di Bouchard, da Pieces Classiques, libro 6).

Io trovo inspiegabile che non si possa dare in Italia all’arpa celtica la stessa considerazione che riceve in altri Paesi. Sarebbe come dire ad un sassofonista: “devi studiarti il clarinetto fino al diploma e poi puoi tornare a suonare lo strumento che volevi perfezionare 10 anni prima”. È chiaramente assurdo. Basta sviluppare un programma di studio adatto, come quello della Gran Bretagna. La mia grande speranza è che la nuova Associazione Italiana dell’Arpa colga l’opportunità di scuotere il sistema conservatoriale italiano e dare all’arpa celtica una sua meritata dignità.

Purtroppo ormai abito in Italia e devo adeguarmi ai sistemi italiani. E pensare che quando abitavo in Inghilterra casa mia era a tre passi dal Royal College of Music, e neppure mi sognavo l’arpa celtica a quei tempi! Visto che per me è impossibile comprare un arpa a pedali (se non ricevo una miracolosa eredità da un miliardario sconosciuto), ho preso questa decisione: seguirò il programma dell’Associated Board senza fare esami, finché il sistema italiano si adeguerà e deciderà di entrare a far parte del ventunesimo secolo.

GIANNA QUAGLIA


Questo articolo é stato pubblicato da
Redazione Redazione di IN CHORDIS, la rivista online dell'Associazione Italiana dell'Arpa.