Didattica

Il valore dei voti


“L’essenziale è invisibile agli occhi”

da “Il Piccolo Principe”, Antoine de Saint-Exupery

Un articolo pubblicato di recente su una nota rivista ha suscitato molte polemiche a causa di un voto di diploma con tanto di lode sbandierato nella presentazione di un musicista che in realtà aveva conseguito una valutazione inferiore.

Questo ed altri fatti mi hanno spinta a riflettere e a chiedermi cosa sia realmente un “voto”, se abbia un valore più profondo di quello meramente numerale.

Insegno in alcune scuole di musica solo da pochi anni, ma fin da subito ho notato l’espressione dei bambini alla vista delle pagelle: «Maestra quella è la pagella??», e alla mia risposta affermativa anche il bambino più sorridente diventava serio e pensoso.

Per gli studenti il voto è un giudizio, è una valutazione del proprio lavoro. Accade spesso che il ragazzo si identifichi con i propri voti, «mi sono impegnato tanto, ma ho preso un brutto voto, non ce la farò mai», o venga classificato dai compagni in particolari categorie: «quello prende tutti 10, è un secchione!».

Quanti problemi, che conseguenze, eppure sono solo numeretti!

Con l’ultima riforma scolastica i giudizi vengono espressi con i numeri da 1 a 10 in tutte le scuole dell’obbligo. Trovo questo metodo più preciso ed oggettivo, ma per i bambini sicuramente più freddo delle precedente scala da “Ottimo” a “Non Sufficiente”; chissà cosa pensano loro quando si sentono dire d’aver preso, ad esempio, 7: sette cosa? Caramelle? Per loro non è facile capire questo discorso.

La scala dei voti è solo uno dei tanti metodi che l’uomo ha attuato per dare un ordine alla vita del singolo e della società. Essa appartiene alla grande famiglia delle regole che è molto importante perché educa i bambini su cosa è bene e cosa non lo è, su cosa è giusto e cosa è sbagliato. Inconsciamente loro sanno che un giudizio inferiore al 6 –o alla sufficienza– non va bene, altrimenti perché tanta paura per i “brutti voti”? Trovo che il ruolo dell’insegnante, quindi, sia importante e anche delicato, soprattutto al momento della valutazione: non basta credere di saper stare con i bambini.

Tutto questo discorso ha un senso se noi riconosciamo il valore e l’importanza delle scuole e dei metodi educativi e quindi per estensione anche delle regole che li governano, incluso il sistema di votazione. Ma non tutti sono d’accordo: infatti c’è anche chi sostiene che il voto è una cosa assolutamente ininfluente e il giudizio non ha nessun peso.

Accettando questo punti di vista e ragionando per assurdo allora dovremmo ammettere che se i giudizi non avessero un peso, le scuole sarebbero inutili, sarebbero un hobby, come giocare a tennis o leggere un libro e naturalmente si dovrebbero allora abolire anche gli esami: che senso ha tanto faticoso studio per niente? In questo modo noi parificheremmo una persona che è andata a scuola fino alla 3ª media ad una persona che ha terminato, ad esempio, un liceo scientifico! Certo, a livello umano naturalmente siamo tutti uguali e abbiamo tutti le stesse possibilità, ma c’è chi raggiunge un traguardo, chi un altro, e l’istruzione è diversificata, così come lo sono le scelte di vita.

In campo musicale, quello che ci riguarda più da vicino, dovremmo abolire l’esame di diploma, eliminare i concorsi: i premi infatti si ricevono in seguito al raggiungimento di un punteggio, diciamo pure di un voto, e se questo è ininfluente, allora si deve dare a tutti il primo premio! Anzi, neppure quello, perché il termine “premio” implica che dietro ci sia un giudizio.

Ma nella realtà dei fatti, leggendo un qualsiasi curriculum si può facilmente intuire che sia il voto di diploma, sia i premi ottenuti hanno un’importanza non indifferente, soprattutto se il curriculum è di un ragazzo che intende fare il musicista di professione e che cerca di farsi conoscere anche grazie ai riconoscimenti avuti.

I Conservatori hanno discusso anni e anni per attivare i corsi di laurea di primo e secondo livello e noi togliamo importanza all’esito finale del corso di studi?

E le orchestre come potrebbero reclutare i propri professori senza le audizioni (cioè esami atti ad individuare, tramite una votazione, il migliore tra i candidati)? Tramite conoscenze, amicizie o parentele?

Ecco quindi che se nel campo musicale, così come in altri, venisse tolto il valore a certi traguardi (siano essi un voto o il punteggio di una graduatoria) andremmo incontro a conseguenze poco felici.

Non tutte le persone sono caratterialmente portate alla riflessione, ma almeno si dovrebbe sempre cercare di capire il significato di ciò che ci circonda, cosa che dovrebbe essere scontata per gli adulti, dato che di solito sono i bambini, alla scoperta del mondo, che chiedono sempre «Perché??»…

I musicisti, parlo di quelli classici perché è la categoria alla quale appartengo, hanno vita dura. Non parlo di forza di volontà, studio, trasporto strumenti (vedi arpisti o percussionisti), eccetera, troppo banale, il discorso è ormai trito e ritrito. Parlo di correttezza e di autoregolamentazione. In una parola: etica.

Un esempio su tutti: la compilazione di un curriculum per un concerto, una recensione, un articolo o quant’altro (evidentemente non per una graduatoria ufficiale).

Effettivamente non esiste una legge che dica quello che vi si deve scrivere, come lo si deve scrivere, e soprattutto manca un controllo sulla veridicità di ciò che si afferma. Si spera quindi che l’interessato scriva, in rima baciata, o in qualsiasi altro modo, il vero e non fatti inventati, trasfigurati, abbelliti, dissimulati, ma non rispondenti al vero.

Anche se è assai difficile che l’Uomo dia spontaneamente un segno di civiltà e autocontrollo, mi sembra che in questo caso ci voglia solo un po’ di buona volontà.

Questi discorsi possono sembrare piccoli e insignificanti se paragonati alle notizie che sentiamo in qualsiasi telegiornale: persone più o meno rispettabili ne fanno di tutti i colori senza avere un minimo scrupolo o l’ombra di un senso di colpa, e noi parliamo di “questione morale” dei musicisti?

Perché dovremmo farlo?

Forse per salvaguardare come possiamo il nostro lavoro che non è fra i più comuni. Ci sono altri settori lavorativi che sono alla deriva, umanamente parlando, proprio per mancanza di etica.

Mi rendo conto che sarebbe infantile proporre di scrivere sempre e solo il vero per essere giusti e corretti verso gli altri, per essere altruisti, visto che la tendenza di solito è quella opposta; quindi facciamolo per amor proprio, perché se si hanno le capacità artistiche di solito non c’è bisogno di mentire.


Questo articolo é stato pubblicato da
Eleonora Volpato www.eleonoravolpato.it